Se cercavate un’opera che rispecchiasse l’anima disincantata, emozionalmente compromessa e vittima di tutti quegli errori -pur sempre convocati di fronte certi alti “valori“- emblematici della generazione degli Anni Zero, allora l’avete trovata. Si tratta in fondo della storia di un’anima che si ritrova a fare esperienza della Vita, come inesorabilmente tutti noi sul piano sociale. Un’anima che se la gode, che brucia le tappe, fino a quelle in cui il sentimento cocente deve inevitabilmente lasciare spazio alle azioni più fredde e pianificatrici… laddove, immancabilmente, iniziamo gli epici scontri tra le due antitesi dell’anima. Trovare le motivazioni, sentire le verità di ciò che si prova davvero, lo smarrimento di fronte le mille e asfissianti sfumature di tutte quelle emozioni provate, gli inevitabili sbagli… il disorientamento cosmico che ne consegue: tutto questo è il primo romanzo di Giuseppe Catanzaro: “Charlie non fa surf“.
Ebbene, oltre l’esortazione del Colonello Kilgore in “ApocalipseNow“, anche di baustelliana memoria, “Charlie non fa surf” è un romanzo semi-autobiografico che attraversa un anno e mezzo di vita del venticinquenne Giulio Cernini. Un periodo che coinciderà con la pratica forense, attività che il protagonista comincerà a svolgere qualche settimana dopo essersi laureato in legge.
Il passaggio dalla dimensione universitaria a quella di lavoratore non è semplice per Giulio, che sin da subito si trova compresso tra le vessazioni del suo datore di lavoro e i continui pellegrinaggi verso il tribunale, ossia l’Impero della Carta. «…Perché quando sei all’interno dell’Impero, la volontà delle persone tende unicamente alla autorealizzazione, in una qualsiasi delle sue forme, anche le più spietate. Non c’è spazio per l’empatia. Abnegati, duri, sprezzanti, cattivi. Gli avvocati vanno a caccia di vietcong per gli stanzoni di cemento del tribunale. Li prenderanno tutti, saccheggeranno, violenteranno. In cerca di musi gialli. Fratello, Charlie non fa surf, non deve nemmeno provarci, capisci cosa intendo. Se esiti vieni schiacciato. Se non spari per primo stai certo che verrai sbudellato. Mitragliano, le legioni delle tenebre…».
E così in questa atmosfera, i primi mesi di lavoro del protagonista e del suo amico e collega trascorrono traumaticamente, accompagnati dalla costante sensazione di far parte di qualcosa ben più grande di loro. “..Dovrà sottostare a nuove regole, dovrà imparare ad essere l’ultimo gradino di una grossa, inamovibile piramide…”.
Finché, logorato dall’assenza di motivazione e dai dubbi circa la propria attitudine alla professione, Giulio decide di lasciare lo Studio dell’avvocato tiranno e prendere una pausa di riflessione.
Lo spaesamento di Giulio prosegue fino al casuale incontro con un vecchio amico universitario che, a causa di problemi finanziari legati alla crisi economica degli ultimi anni, viene licenziato. Giulio allora, preso da un incendiario entusiasmo di liberazione, decide di aiutare l’amico, anche se costretto a chiedere aiuto forense al suo ex datore di lavoro. Con un diverso spirito ed una nuova maturità acquisita, Giulio Cernini torna così allo Studio legale, proseguendo il proprio percorso che lo condurrà finalmente all’esame per diventare avvocato.
Alla vicenda fa da sfondo l’intrecciarsi di relazioni sentimentali, di rapporti d’amicizia, di peripezie lavorative, di rock n roll e di una giovinezza vissuta freneticamente.
Poiché «..Non c’è miglioramento della specie senza cambiamento del singolo…», il romanzo si rivolge ai ragazzi tra i venti e i trent’anni provando a farsi portavoce di un malessere generazionale, quello della paura del futuro, dell’incertezza, del sentirsi inadeguati al mondo degli adulti e delle responsabilità. «…Ti parleranno di crescita, fratello. Te ne parleranno in termini così lucidi e razionali che gli darai ragione. Sapranno inocularti il senso del dovere. Faranno in modo che tu ti convinca della sensatezza di quelle parole. Ti diranno che loro ci sono già passati e sapranno consigliarti. Ti daranno grandi pacche sulle spalle, ché sei giovane e devi tenere duro, piano piano raccoglierai i frutti del tuo lavoro. Verso i quarantacinque, verso i cinquant’anni li raccoglierai, fratello…». Ecco, insomma, tutta la montagna di cazzate con cui abbiamo costruito una società ormai in delirio, e chi meglio di un ragazzo post-adolescente può oggi capire, sulla propria pelle, l’eco di quelle puttanate… sarà lo stesso rodimento nelle viscere che accomunerà i lettori con il personaggio descritto dal nostro Catanzaro.
Il linguaggio del testo intanto, cerca di essere autentico: è quello parlato dagli universitari, descrive con spontaneità situazioni e sensazioni di certo avvertite da molti, in primo luogo dall’autore nel suo più recente passato. E poiché «..Ogni mente è brillante e sofisticata quando è deturpata dai dubbi…», il romanzo ti costringe a leggere tutto d’un fiato, perché il bello di questa opera -e del talento di Catanzaro– è che sa lasciarti sempre lì in attesa della frase o della parola che ti colpirà e ti affonderà di colpo, oppure che ti innalzerà su fitte nebulose esistenziali. È una specie di sadica terapia..
Si parla oltretutto della musica che ascoltano i ragazzi, dei film che vedono, dei problemi di relazione che hanno questi ragazzi, di Facebook, delle nuove forme di comunicazione, del rapporto con gli adulti… che sembra sempre così distante. «..Quando i capelli cominciano a caderti è il primo segno che sei sulla strada giusta, che stai diventando un buon professionista. La gente coi capelli lunghi non lavora, la gente con il volto riposato non fattura, fratello, non è produttiva…».
In sostanza, possiamo certamente affermare che ci sono tanti momenti emozionanti in questo splendido romanzo, come il “segmento 21“… quel “Lunga Vita” che risuona per converso ai vari “Fanculo!” della “25esima Ora“. Si tratta di una scrittura avvolgente… coinvolgente, profondamente umana. Si soffre col protagonista, sbagliamo affianco a lui… e per questa sua grande emozionalità incavata, una siffatta “letteratura” ci fa sentire ancora umani, con tutti i nostri pregi e difetti… prendere o lasciare! Insomma, Giuseppe Catanzaro è uno di quegli autori che te lo immagini proprio così… esattamente come il personaggio. Perché non potrebbe esistere una tale poesia, seppur a volte così caustica, e neppure un tale senso di scrittura.. se quelle emozioni non fossero state provate con il medesimo trasporto. Non sarebbe più arte, e noi di Uki ci forgiamo dell’umile certezza di saperla riconoscere, ci basta aprire lo scrigno dei ricordi, dei sentimenti che, nolenti o volenti, ci hanno trivellato nella vita.
E a conferma di tutto questo, vi lasciamo un assaggio del passaggio di questo geniale scrittore sulle pagine lunatiche di Uki:
– Giuseppe Catanzaro > Racconti brevi…
Fatale
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“CHARLIE NON FA SURF” – Giuseppe Catanzaro:
> Pagina Facebook
> Elliot edizioni
> La Feltrinelli
> Mondadori
Grande Giuseppe!!!
Dopo una recensione cosi’, non si puo’ fare a meno di leggere questo romanzo. Curioso di immergermi in questo romanzo ..
Catanzaro è uno dei miei preferiti, adoro i suoi racconti. Non vedo l’ora di leggere questa nuova storia.
ho paura di trovarci tutto quello che mi travolge in questo romanzo. preannuncia bene …
Complimenti a G.Catanzaro
Si può ben capire che si tratta di una scrittura a dir poco notevole! Bella recensione. Lo leggerò…
Su gli estratti dal libro sono esplicativi. Un romanzo plenario, scritto in modo pungente. Fatale ne parla così bene……
Curioso di leggere anche questi racconti …..
ci sarà salvezza, mi chiedo?
bellissima recensione di fatale. e giuseppe rimane sempre un grandissimo, adoro i suoi racconti
Grande Catanzaro (Non la squadra)!