Immagina di svegliarti un mattino e scoprire che il tema forte del giorno è la poesia.
No, dico sul serio. Niente calcio, dive da Instagram che si sposano, vaccini che ti fanno crescere le branchie, immigrati milionari che vivono negli alberghi a sei stelle a spese tue. Niente di tutto questo. Non oggi.
Oggi si parla di poesia.
Per un istante mi sento come il tale che ha una giacca sola, vecchia di quindici anni, e la vede ritornare in voga all’improvviso; ho sorriso come lo avrà fatto il tale al pensiero che, per i prossimi venti minuti o giù di lì, sarebbe stato parte integrante della Comunità.
Bello, sì, peccato che la faccenda non è proprio come la immaginavo io.
In giro non si parla esattamente di poesia, ma di una poesia in particolare, quella scelta per l’analisi del testo alla prima prova della Maturità 2017. Pare che per molti studenti sia stato un duro colpo vedere disattese le loro speranze; avevano puntato molto sui gloriosi Pirandello, Ungaretti e Montale, già s’erano armati di discorsi precotti sulle maschere, la guerra e l’ermetismo. Ma poi… silenzio.
Lo stupore divenne presto malcontento, il brusio divenne clamore e ben presto sui Social Network si riversarono le vibranti rimostranze di un manipolo nutrito e compatto che protestava al grido di “Caproni chi?”.
Chiariamo subito una cosa: il fatto che la maggior parte degli studenti non avesse mai sentito nominare Giorgio Caproni (come probabilmente non ha mai sentito nominare un Dino Campana, un Camillo Sbarbaro o un Guido Gozzano) mentre di sicuro sa chi è Fedez non è una colpa, o in ogni caso non va imputata a loro.
Si è figli del proprio tempo, si conosce quello che si frequenta, spesso solo quello che ci viene offerto (in assenza di una sfrontata curiosità che ci spinga a scoprire strade nuove).
È chiaro che il programma del quinto anno delle superiori non può approfondire tutti gli aspetti della letteratura del ‘900, è chiaro che la poesia cinquant’anni fa aveva un peso diverso nel quotidiano e molte meno allettanti alternative a soffocarne la portata.
Ma deve essere chiaro anche che, in tutta questa vicenda, c’è qualcosa che non torna.
L’ironia (assai scontata, peraltro) con cui questi turbati studenti si sono affrettati a esporre il loro dissenso, gli affondi contro il perfido Caproni (reo di non essere abbastanza famoso per i loro cuoricini) e l’ostentata soddisfazione della propria ignoranza, sono agnelli sacrificati all’altare della più becera auto-assoluzione.
Il fatto di essere in tanti a rivendicare la propria lacuna consola questi studenti indisposti, li rincuora, li solleva da ogni tipo di mancanza: “non sono IO che non conosco ‘sto poeta, siamo NOI, e noi siamo in tanti, siamo una folla, e la folla ha sempre ragione: non è stata una bella prova di Maturità”.
Bella prova di maturità.
Non staremo qui a discutere del valore artistico di Giorgio Caproni, la sua poesia rimarrà anche quando i riflettori di quest’ultima polemica alla moda si saranno spenti, anche quando la folla di campioni che sghignazzano verrà riassorbita senza darci neppure il tempo di chiederci chi siano loro, o chi saranno mai.
Quello su cui forse dovremmo soffermarci un istante, semmai, è quello di cui nessuno sembra essersi accorto: analisi del testo.
Quando ero ancora liceale mi trovai a discutere con la mia professoressa di greco la scelta di proporre “Uomo del mio tempo” di Quasimodo come traccia della Maturità del 2002. Sostenevo che fosse in qualche modo condizionata dall’attentato alle Torri Gemelle, avvenuto poco prima. Le tematiche, quei versi «…Eri nella carlinga / con le ali maligne. Le meridiane di morte», tutto mi suggeriva ci fosse una relazione diretta tra quanto avvenuto l’11 settembre e la decisione del Ministero di riproporla.
La professoressa di greco (con cui non riuscii a ottenere mai più di due) non si scompose, mi liquidò spiegando che siccome la poesia era stata scritta in seguito alla Seconda Guerra Mondiale (e una cinquantina d’anni prima dell’attentato di New York) poteva parlare di quello e di quello soltanto.
Ora mi immagino tanti piccoli studenti che, proprio come quella profonda e lungimirante professoressa (non si preoccupi, non dirò il suo nome prof.ssa Valeria Morganti che ora insegna al Liceo “U. Foscolo” di Albano Laziale!), si trovano davanti una poesia di Pascoli e attaccano: “questi versi del Pascoli, poeta romagnolo nato nel 1855, si inseriscono nella poetica del fanciullino, tanto cara al poeta…”.
Non è così che funziona, giovanotti. La contestualizzazione dell’opera può aiutare a decifrare un testo, ad avvicinarlo alle intenzioni dell’autore, ma non è il punto di partenza e, soprattutto, non è indispensabile. Il testo che abbiamo davanti conta più di chi l’ha scritto, ed è con quello che bisogna relazionarsi. Perché l’obiettivo non è mai raccontare chi l’ha scritto e perché, ma capire a fondo cos’è che quelle benedette righe ci stanno dicendo.
“Analisi del testo” non significa “scrivi tutto quello che ti ricordi di tizio X, fagli vedere a questi della commissione che hai studiato e che sei bravo”.
“Analisi del testo” significa che anche davanti a delle righe anonime puoi far valere le competenze e gli strumenti acquisiti durante questi cinque anni di superiori per sviscerare più a fondo possibile quello che hai davanti, fregandotene di chi l’ha scritto, quando e dove.
E no, non vi serve sapere chi era Giorgio Caproni per capire una sua poesia; Omero non esiste, l’Odissea è stata composta da migliaia di mani diverse, eppure la leggiamo lo stesso. Vi dico di più: dovrebbero, alla Maturità, offrire testi premurandosi di ometterne autore e datazione.
In quel caso vi trovereste a interrogarvi sul foglio che avete davanti armati di ciò che avete coltivato dentro, sia per quanto riguarda la capacità di indagine, sia per quanto riguarda la vostra sensibilità.
L’inconveniente è che se dentro non avete coltivato nulla, nulla avrete da dire.
Estremo? Mettiamola così: a poco o niente vi servirà sapere quando è nato Pascoli, molto vi servirà saper analizzare un testo, perché è così che si indaga il quotidiano. È così che potremmo smetterla di abboccare a ogni bufala che gira, di condividere foto di poveri pensionati che non arrivano a fine mese che in realtà ritraggono mafiosi con venti ergastoli sulle spalle, così che potremmo smettere di partecipare a discussioni ostentando pareri senza mai esserci fermati a esaminare i fenomeni per trarne informazioni.
Nei giorni in cui viviamo, il prendersi del tempo per analizzare, riflettere, è un atto di ribellione contro la centrifuga in cui siamo costretti, una forma di resistenza a questo presente in cui esprimersi sembra un dovere e capire un’eventualità.
Un presente in cui si ride di tutto e si parla di niente.
Però una cosa è certa, questo putiferio in cui Giorgio Caproni si è trovato, suo malgrado, è stata una bella occasione per rispolverare il suo nome e i suoi lavori, e certamente da ieri nessuno potrà più dire di non averne mai sentito parlare.
Molti, pur non conoscendolo, hanno apprezzato la poesia proposta alla Maturità e magari hanno voluto scoprirne di nuove; altri che già stimavano Caproni hanno colto l’occasione per condividere i loro/suoi versi preferiti. Mica male.
Poi è chiaro che tanti ancora si saranno limitati a sghignazzare orgogliosi di quello che non conoscono e non conosceranno mai, convinti che i caproni siano solo bestie, ma il bilancio è comunque positivo, e io sono contento.
C’è solo una cosa che mi manca: vorrei che Giorgio Caproni tornasse un momento vivo tra i vivi per incontrarlo e vedere la faccia che fa quando tento di spiegargli che è diventato il trending topic del momento.
Matteo Mammucari
«Fermi! Tanto
non farete mai centro.
La Bestia che cercate voi,
voi ci siete dentro».
(“Saggia apostrofe a tutti i caccianti”, G. Caproni)
effettivamente …
e bravo mammucari ! siamo d accordo
tutti bravi a far polemiche su faccialibro tutti social media manager
poi di fronte una poesia il nulla
bravo mammucari, concordo
vero! immagino però che colpo di fronte ad un autore ignorato alla maturità
non è solo colpa degli studenti
un cazzo dí discorso sensato finalmente
come scrive Matteo l ’inconveniente è che se dentro non avete coltivato nulla, nulla avrete da dire
inoltre l ‘analisi dei testi viene fatta studiando gli autori proprio perché li ci sono i contenuti
un metodo di insegnamento fallace proprio perché non abitua a ragionare sul testo in se
Insomma era inevitabile, dopo di che i social hanno fatto la loro parte
pienamente condivisibile questo post del Matteo ….
complimenti per il blog ! sempre preparati!
e comunque non e’ andata mica cosi’ male quella traccia , in molti la hanno scelta. e comunque a quell’ eta’ non tutti hanno la sensibilita’ di analizzare in modo importante poesie di quel genere .
e perché no???? magari non lo farai con una sensibilità da artista – e qui polemizzo con Matteo M. perché parlare di arte ai diciottenni, ecco magari questo non per tutti in effetti – ma a diciotto,diciannove anni davvero non si può parlare di una poesia ???? ma quindi a scuola che ci vai a fare ??? quali sono le competenze che hai acquisito dopo cinque anni di maturità ????
e qui rispondo con il commento di lollo,con cui sono d’accordo. la scuola di oggi non ti prepara certo al meglio ad avere senso critico davanti un testo poetico,a mettere in pratica competenze e capacità di analisi con cui addirittura improvvisare un pensiero o un intuizione letteraria
Bel pezzo 🙂 e che bella la poesia del secondo Novecento!
Fedenco
Matteo permettimi di baciarti. Finalmente un discorso sull’essenza della poesia e della letteratura.
Ma l’eredità dello storicismo è così forte in Italia che la biografia è sempre più importante del testo.
All’Università ho avuto modo di parlare con laureandi in letteratura francese che sapevano tutto della vita e del contesto storico di Racine ma non conoscevano la struttura dell’alessandrino di cui Racine è forse il più grande artefice.
Ah comunque sembra che non sia un fenomeno solo italiano: quando guardo gli autori su Wikipedia nelle varie lingue che conosco (IT, UK, PT, ES, FR, DE) in genere 3/4 dell’articolo è sulla vita e pochissimo sulla poetica.
Una volta mi sono divertito ad analizzare l’elenco degli insegnamenti della facoltà di lettere a Firenze: più della metà dei corsi cominciava con “Storia di/della…” C’era persino “Storia della storiografia” 🙁
Caproni e’ stato un poeta di primissimo piano. Poco praticato perche’ poco accattivante e piuttosto amaro.
I suoi contenuti non presentavano aderenza alle linee ideologie di parte, da cui si estromise come pensatore autentico.
Il suo itinerario artistico ha rappresentato una straordinaria evoluzione, anche spirituale, che risulta nella sua opera poetica, connotata da forte tensione narrativa, soprattutto nel periodo della sua maturita’.
Ha sempre mantenuto le distanze da una poesia costituita da giochi sintattici o intellettuali. Fu anche squisito traduttore della poesia francese. Grande Caproni.
Ukizero……grazie, bellissimo e condiviso pensiero……