Breve elogio della lettura

Non appena chiniamo il capo su un libro aperto, dinanzi ai nostri occhi si spalancano orizzonti di luce o di tenebra, il nostro cuore sobbalza, il pensiero si approfondisce, l’alfabeto delle emozioni aggiunge una lettera

Tessere un breve elogio della lettura può apparire retorico, stucchevole, finanche inutile; un esercizio per soli intellettuali o poco meno. In verità credo sia necessario rimettere in evidenza alcuni benefici che il leggere produce. Penne ben più preclare della mia hanno già scritto su questo tema, ed io non potrei fare di meglio. Ciò nonostante avverto l’esigenza di esprimere un’idea che è l’esito di tutte le esperienze di lettura che nel corso del tempo ho maturato.

Leggere è viaggiare, sulle ali di quella che Italo Calvino chiamava la «mobilità dell’intelletto». Solo il nostro intelletto è capace di sfuggire alla inevitabile pesantezza del vivere ordinario. Grazie alla lettura la nostra mente si arricchisce di idee, nozioni, esperienze che una sola vita non potrebbe contenere.

Tramite il semplice gesto di aprire un libro, o sfogliare pagine virtuali sulla liscia superficie di un Tablet, ci è data la possibilità di accrescere la quantità e qualità di vita presenti nel reale. C’eravamo quando Dante Alighieri intraprese il suo viaggio nell’Oltretomba, quando Alessandro Manzoni decise di raccontare il riscatto degli ultimi nei “Promessi Sposi”, presenti quando i grandiosi personaggi di Dostoevskij interpellano il divino sulle umane sofferenze. Eravamo al capezzale di Marcel Proust quando, tra un schizzo di inchiostro e l’altro, componeva la sinfonia letteraria della “Recherche…”, mostrandoci di cosa sia fatto il tempo e fuggendolo. Si cavalcano i secoli, si attraversano le epoche, si assiste al suicidio di Anna Karenina e a quello di Emma Bovary, si contemplano gli abissi dell’anima umana e si scava nelle profondità del cuore, dove non potremmo arrivare con altri mezzi. Il puzzo graveolente delle ottocentesche fogne parigine l’ho sentito anch’io, leggendo “I Miserabili” di Victor Hugo. I classici della letteratura hanno il merito incomparabile di creare anticorpi contro le malattie morali, le quali tralignano sovente in patologie sociali.

Chi non legge è indifeso, privo di quel sistema immunitario che preserva la nobiltà dell’uomo. La lettura prepara alla vita, imparando dalle esperienze dei personaggi narrati; è come una lente ottica che consente di osservare quello che potrebbe accadere, questa la componente pedagogica che si può riscontrare. C’è il mondo reale che è quello in cui viviamo, quello in cui ci immergiamo ogni giorno e dibattendoci, contribuiamo a formare. Poi c’è quello parallelo della letteratura, una dimensione altra e immaginaria che talvolta è più vera del reale. Non appena chiniamo il capo su un libro aperto, dinanzi ai nostri occhi si spalancano orizzonti di luce o di tenebra, il nostro cuore sobbalza, il pensiero si approfondisce, l’alfabeto delle emozioni aggiunge una lettera, scriviamo una parola nuova nel vocabolario della nostra anima. Cambiamo senza accorgercene, pagina dopo pagina, storia dopo storia, acquisiamo consapevolezza di che cosa sia la vita, in particolare di quella che non si scorge con gli occhi della carne. Le altezze e le meschinità dell’uomo ci si presentano nude, rivelando la sua forza e le sue eterne debolezze. Non potrei che essere d’accordo con Umberto Eco, quando afferma che «la lettura è un’immortalità all’indietro». Ci conferisce la possibilità di osservare gli eventi della storia da attori protagonisti, pertanto ha la facoltà di valicare i limiti temporali entro i quali siamo costretti.

Il potere di resuscitare i secoli passati è qualcosa di soprannaturale che appartiene solo alla letteratura, o alla storia. Con la semplice pratica della lettura ci è data la possibilità di partecipare ad uno spettacolo gratuito, una folla di personaggi e voci e vicende ci travolge, un’isola di felicità nella quale trovare riparo e ristoro. Sollevandoci dalle pesantezze terrene, evoca i paradisi perduti che dispendiosamente cerchiamo al di fuori; la bellezza non è qualcosa che ci attende chissà dove, non è un eldorado raggiungibile fisicamente, è un panorama interiore e una condizione del cuore. Ecco, la lettura ci fornisce le chiavi per aprire il canterano dove è custodita la nostra felicità, attraverso un percorso di arricchimento perpetuo. Il poeta portoghese Fernando Pessoa a questo proposito scrisse: «Se viaggiassi troverei la brutta copia di quello che ho già visto senza viaggiare». In un dialogo immaginario gli risponderebbe piccato Agostino d’Ippona dicendo: «Il mondo è un libro e chi non viaggia ne conosce solo una pagina». I due grandi intellettuali, però, stringendosi la mano, sarebbero comunque d’accordo nel ritenere la lettura una grande opportunità a disposizione dell’uomo.

 

Giuseppe Cetorelli

 

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