Un mondo fatto di tecnologia e nuove scoperte, in cui siamo sempre più condizionati dal visibile ma anche dall’invisibile. Che rapporto c’è con tutto questo? Lo sappiamo che c’è tutto questo? E come possiamo capirlo? Io per esempio sono laureato in Filosofia, mi dovete parlare semplice! Per fortuna che ci pensa il MIT!
Qualcuno tempo fa, in una sua canzone, diceva: «’Cause we are living in a material world».
Pare che sia proprio quello che pensano anche al MIT, che è l’Istituto per la Tecnologia del Massachusetts, in cui hanno organizzato una mostra, prevista per i prossimi giorni (21-22 aprile), che si chiamerà “Being Material“.
Di cosa tratta la mostra
Questo evento ospiterà le performance di artisti, scienziati, ingegneri e ricercatori provenienti da ogni parte del mondo.
L’obiettivo è quello di riflettere e indagare quali sono le possibilità future dei materiali programmabili, biologia sintetica, tecnologia indossabile e le stampe in 3d e 4d.
Quindi tutto si concentrerà sullo scambio tra il digitale e il materiale.
Saranno diversi i settori e gli ambiti presi in esame, come il programmabile e l’indossabile, come abbiamo detto, ma ciò che si indossa si vive anche, e inoltre si vive in una realtà in cui siamo circondati da tutto questo (nuove tecnologie e quant’altro), una realtà in cui c’è il visibile e il tangibile, ma c’è anche ciò che non vediamo, cioè l’invisibile, e che però contribuisce a modo suo alla vita (microrganismi, ma anche microtecnologia).
Inoltre alla fine della mostra sarà anche svolto un concerto conclusivo, quindi anche il senso dell’udito, cioè l’udibile, sarà coinvolto (sul coinvolgimento dei sensi nell’arte vedi anche l’articolo riguardante il STRP).
Il problema della comunicabilità
Tutto questo sarà presentato in modo che anche lo spettatore che ne sa di meno possa avere modo di venire a conoscenza delle nuove tecnologie.
Ecco perché nell’allestimento della mostra sono stati coinvolti artisti e ricercatori provenienti dal mondo delle discipline umanistiche, che sappiano più facilmente comunicare ed esporre.
Il MIT dispone proprio di un centro, il CAST, che si occupa di mettere in connessione la scienza, l’arte e la tecnologia, in modo che tutti possano esplorare, conoscere e scoprire.
Storia del MIT e partecipazioni
Anche il MIT ha un fondatore: il suo nome è Nicholas Negroponte.
Nel 1995 previde, un po’ come quella che cantava che “We are living in a material world”, che il mondo del digitale era destinato a crescere e che questo ci avrebbe presto liberato dai vincoli materiali.
Sinceramente ho i miei dubbi.. al più la materia può essere vista da un’altra prospettiva: non ci condiziona come prima, ma è sempre presente. Cambia la funzione, ma non è che ce ne siamo liberati.. ecco a cosa servono i laureati in materie umanistiche: così si dicono le cose con esattezza.
A darmi ragione il simposio che si terrà in occasione della mostra, che rifletterà a proposito della persistenza della materia e come il mondo del materiale e del digitale convergano, si interscambino e favoriscano l’innovazione.
I partecipanti saranno artisti e designer, ma anche scienziati, ingegneri, come quello di Ingegneria Meccanica del MIT, e ricercatori conosciuti a livello internazionale, come un docente di bioingegneria dell’Università di Stanford, oltre che i nostri beneamati (e cerchiamo tutti di riscoprire la loro utilità) esponenti delle discipline umanistiche.
“Been Digital” sarà poi l’intervento conclusivo della mostra.
Roberto Morra
molto interessante …. anche dal punto di vista mistico dove appunto si indaga l’invisibile a confronto della materia
sarebbe stato bello seguire questo simposio
Sono d accordo con Roberto sul fatto che non sara ‘ mai possibile liberarsi della materialità ‘ …. e come potremmo !
secondo me qui si filosofeggia troppo di fronte al fatto che alla fine sarà l’economia e il commercio a dire davvero l’ultima sulla tecnologia che andrà di moda