Anarchia Cordis: et in arcadia ego

Nel suo disco Diego Nota nasconde tutto lo smarrimento e la crudeltà dell’età moderna, sempre meno prospettica, usando lo sguardo della sua prima giovinezza

«…immaginate un’altra terra, bruciata dalla solitudine,
invasa da un dolore cieco,
da un forte impulso a non esistere,
[…] dove le vite dei fanciulli rincorrono le loro madri vergini…»

 

 

C’erano gli Ultimavera, per l’ultima volta all’incirca un anno fa.

Poi di quella stagione musicale è rimasto Diego Nota, autore e cantante, per continuare da solo nella scrittura dei testi e nella composizione.

Anarchia Cordis” è il suo primo lavoro da solista. Fedele alle origini che lo avevano visto uscire dall’anonimato, anche con questo album, tutto all’insegna del pop rock d’autore, Nota torna al pubblico con una proposta molto distante dalle cose in circolazione. Dieci canzoni in un continuo alternarsi ritmico e umorale all’insegna della prestidigitazione poetica.

 

Brani dell’album:

Anarchia Cordis: Anche nel disincanto è possibile inseguire la bellezza illusa, quella che non ha regole e a quanto pare regola non è, non è mai stata. Non sarà mai. Primo singolo del disco.

Rupestre: Della giovinezza con il tempo uno finisce per salvare tutto. E su tutto il primo amore, quello che con il tempo sembra essere diventato un posto fuori dalle logiche dove tornare solo per accorgersi che l’altro non c’è più. Bella canzone.

Cosmonauta: Un Narciso melanconico si aggira affabulando il creato. Una favola solitaria. Un cantico. Una ninna nanna allo specchio. Un soliloquio imbevuto di tristezza. Bello pure l’arrangiamento.

Per un pugno di domeniche: Una domenica italiana. Pop scanzonato tra Formia e Terracina.

Radio silenzio: Alle donne. Alle loro stagioni ricavate dal tempo. Notevole nel montaggio lirico come nei suoni.

Antropoteca: Un museo vivente fatto di scene surreali eppure paradossalmente vere perché possibili. Molto figa e originale.

Canzone per i nostri sei piedi: Una iniziazione sbagliata e senza ritorno. Forse il brano migliore del disco.

Scene della vita di provincia: A cento all’ora nella memoria. La fiera dei ricordi.

San Pietro calamitato: Un dialogo che sembra diventare un monologo, oppure il contrario. Tanta consapevolezza, forse troppa. Tutto ad altissimo livello. Da ascoltare.

Polvere di rospo: Una fiaba porno. Provare per credere.

 

Questo è “Anarchia Cordis“, un disco sicuramente orecchiabile ma anche molto cattivo nel modo solo apparentemente distaccato di raccontare la realtà.  Un’opera capace di nasconde al suo interno, ascolto dopo ascolto, tutto lo smarrimento e la crudeltà dell’età moderna, sempre meno prospettica.

 

Un album costruito sullo sguardo di un ragazzo  diventato uomo, consapevole però di aver trovato solo nella sua prima giovinezza la misura per raccontare la vita, come se tutto si potesse guardare solo attraverso la crepa dell’infanzia.

«…vai a riprenderti la vita su quella spiaggia vuota
di uno stabilimento balneare chiuso,
come fosse una siringa,
come fosse una lattina,
come fosse una sentenza,
mentre la mia vita è persa […] come fosse stata una rinuncia,
come fosse un’altra Sparta, come fosse stata una qualsiasi Troia,
come fosse stata una battaglia persa,
addio adolescenza, addio, alla prossima esistenza…»

 Piero Maironi

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 Diego Nota – Anarchia Cordis (video singolo)

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www.diegono.it

anarchiacordisv@facebook.com

http://facebook.com/anarchiacordisV

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< Recensione del disco degli Ultimavera – “Ai Cauti in Bicicletta

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