“Agosto è il mese più freddo dell’anno” – 8

“Agosto è il mese più freddo dell’anno” (da una canzone dei Perturbazione) è un racconto a puntate. In un torrido giorno agostano, i personaggi qui raccontati, sono coinvolti in una rapina al portavalori. Questo il contesto: il quartiere di Montesacro, tra Tufello, Talenti, Valle Melaina, San Basilio, Fidene, Porta di Roma, Podere Rosa; gli ambienti sono: case popolari, Bar, parcheggi, muretti, scale di condominio, stradoni, buche e cantieri. Come sfondo alla rapina, si parla di amicizia, d’amore, e tra le righe qualche citazione: Pasolini, Calvino, Flaiano, Queneau e Ionesco. Una storia da Nulla, nel Nulla. Un luogo dove i personaggi affrontano le vite come se fossero in uno sceneggiato televisivo, perché qui i Media e la Tv sono l’Ara della cultura, e la legalità un mero punto di vista. Montesacro nel racconto è un luogo dove si dorme, si vive, si muore, soli.
In ogni parte del racconto troverete un link di un brano idoneo a fare da sottofondo alla lettura

Fertility day

Nota musicale:

Intanto nella sala d’aspetto dello studio ginecologico Melissa attende. Poco dopo questa si affaccia: le stringe la mano e dice «Prego si accomodi». Melissa con fare incerto entra nello studio. Si guarda in giro (foto della dottoressa col cane in braccio). La dottoressa fa il giro della scrivania, si siede, la invita ad accomodarsi, poi con fare triste le dice: «È tutto nella norma. Lei non è incinta. Ha avuto solo un po’ di amenorrea, un salto del ciclo, può succedere a chi è sotto stress, comunque le analisi sono perfette ed è sana come un pesce. Le posso consigliare l’assunzione di una pillola a basso dosaggio ormonale. Salvo lei non voglia rimanere incinta. Nel caso potrebbe prendere della folina».
Melissa: «No va bene, prenderò la pillola».
Dottoressa: «Pensa che avrà bambini?».
Melissa: «Lei ne ha?».
Dottoressa: «Non credo sia una domanda opportuna, comunque no».
Melissa: «Mi scusi, neanche io. Non ho un compagno, né un lavoro stabile, né scuole per mandarli né nonni per accudirli, né assistenza scolastica, non credo di potermeli permettere».
Dottoressa: «Scusi per prima, ma io purtroppo non ne posso averne, ma non tento cure, non ho neanche io un compagno affidabile, mi accontento di lui…», e mostra la foto del cane.
Melissa: «Ho un cane anche io, almeno quelli non ti spezzano il cuore, quanto le devo dottoressa?». Porge i duecento euro che aveva preso la mattina.
Dottoressa: «Le serve la fattura?».
Melissa: «Grazie ma no. Tanto non me la posso scaricare».

Intanto, nel centro commerciale nell’Estetica Solarium “StYle”, in una stanza arancione con le luci soffuse
Marta è sdraiata sul lettino, mentre Marika le spruzza della creme.

Marika è una ragazzetta piccolina sul metro e sessantacinque, ben proporzionata, carina sui venticinque anni, piccola, minuta, coi capelli dai colori improbabili, una divisa nera attillata fatta da una maglietta corta che le lascia scoperta la pancia, e un paio di leggins stretti.
Marika: «Checco è strafatto e si mette a litigare col buttafuori, è marcio quello. Je dimo de calmasse, lui invece che fa?!! Insulta e je parte, cosi questo lo prende pe’ la spalla e je molla un ceffone. Frà va giù lungo come ‘na pera. ‘Na figura di m… ma io l’ accanno, m’ha veramente rotto».
Marta: «Te l’hamo detto che sarà pure carino ma è scemo. Lascialo perde, magari ne vuoi de piskelli con cui uscire. Ma ti vedi, sei una delizia. Che ce stai a fa con quel cojone? Perdi solo tempo».
Marika: «E che jè vojo bene, lo conosco da quanno semo ragazzini, conoscono pure la famija… a madre er fratello».
Marta: «Senti pensaci bene. Non lo poi tené a bada e non esci coj parenti».
Marika: «Dici bene. Tu sei fortunata, ti vogliono tutti bene».
Marta: «Semmai mi si vogliono scopare!! C’è solo uno che mi ha sempre amato ma io l’ho sempre trattato talmente a merda che solo il fatto che mi parla mi fa pensare che è un grande».

Su via Nomentana proprio di fronte a Podere Rosa prima della svolta per Almaviva o San Basilio c’è uno spiazzo con l’ex mercato coperto.

In periferia nello spiazzo non asfaltato Riccardo arriva con la macchina, si ferma, scende, si guarda in giro, guarda l’orologio… 15:20. Si accende una sigaretta.

Davide si aggira tra i reparti, vede Marco intento a mettere a posto delle merci sugli scaffali, torna indietro, scosta del latte a lunga conservazione e ci infila dietro una mela. Poi velocemente si reca tra i barattoli di pelati e nell’ultimo in basso mette le altre due. La signora e domestica lo guardano.

Davide: «Be’, che c’è? Sono un ispettore della Federconsumatori. Su via.. non c’è niente da guardare, combatto anche per voi, per quanto so che un giorno me ne pentirò». La signora ha un motto di stizza e si allontana. Con un discreto sforzo Davide si alza; torna nel corridoi dove stava Ciao-sono-Marco, vede la telecamera di sorveglianza, “perfetto”. Gli si fa vicino. Mentre Marco accatasta bottiglie di plastica.
Davide: «Ehi tu – indica la telecamera di sorveglianza – Qui sei osservato, e se rifai la stessa cosa di prima ci rimetti il posto di lavoro», ghigna.
Marco: «Non ricominciare con la storia del chinotto per carità. Piuttosto dove hai seppellito le mele?».
Davide: «Non ti preoccupare rimarrà un segreto fra me e te, ora con calma e senza movimenti bruschi rispondi».
Marco: «Basta che dopo mi lascia in pace».
Davide: «Sta bene, promesso – mostra le dite incrociate come fosse un boy scout – Allora mi saprebbe dire dove sta il…».
Marco: «Una sola e non difficile».
Davide: «Si, promesso una, poi ti mollo».
Marco: «Va bene allora?».
Davide: «Ma vi fanno un corso per sopportare tutte ‘ste domande?».
Marco: «No, ci licenziano se siamo scortesi».
Davide: «E l’articolo 18?».
Marco: «Cos’è?».
Davide: «Un’invenzione di Cacioppo per Voyager, tipo il chupacapra».
Marco: «Non ho capito».
Davide: «Fa niente, tanto è roba da dinosauri».
Marco: «Che le occorre?».
Davide: «Sapone da bucato, pistacchi e bicarbonato».
Marco: «Facile… 1: vicino all’uscita, 2: ‘ccanto alle bibite analcoliche, i detersivi tra le offerte speciali e le casse da uno a cinque, laggiù in fondo a destra».
Davide: «A che distanza?».
Marco (ride): «Se passa tra le offerte speciali circa trecento metri, forse quattrocento».
Davide: «Direzione?».
Marco: «Ce l’ha la bussola e una cima? Dopo il passo di Montecristo Sud est».
Davide: «Prima però con la vecchietta sei stato scorbutico».
Marco: «Lo so, scusa ma senti è ‘na giornataccia. Tua sorella m’ha appena detto che è scaduto il contratto… non me lo rinnovano, anzi forse con un’altra compagnia..».
Davide: «Con la scusa di mantenerti il contratto di lavoro t’hanno ricattato. Cos’è la vostra cooperativa?».
Marco: «Si e contratti a chiamata a tempo determinato».
Davide: «E li chiamano contratti? In bocca al lupo».
Marco: «Speriamo. Ciao e grazie».
Davide: «E mo io con chi scherzo? Ciao ci vediamo dopo se passi al campo».

Melissa sull’autobus, seduta vicino al finestrino, cerca in rubrica del telefonino… chiama..

Risponde dall’altro capo Lucia: «Aspettavo questa chiamata».
Melissa: «Fra cinque minuti sono nel centro commerciale».
Lucia: «Bene, ti aspetto alla terrazza che è il bar all’ultimo piano». L’autobus avanza fino al piazzale davanti all’ingresso del centro commerciale. Melissa ne scende.

Nel parcheggio non asfaltato arriva Gianni con la macchina nera, la parcheggia più avanti poi torna indietro a piedi.

Gianni: «Ohi eccoti, come butta Mr. Pink».
Riccardo: «Smettila, non mi piace che mi chiami così».
Gianni: «Non ti arrabbiare, non ti fa bene».
Riccardo: «Nervoso?».
Gianni: «Fattiikazzitua – ride – e tu?».
Riccardo: «Non lo so, spaventato. Vuoi fumare?».
Gianni: «Mi sono già fumato un pacchetto da stamattina».
Riccardo: «Anche io, e non scherzo». Si accendono due sigarette.

All’interno del supermercato un bimbo corre gridando finché Marta non lo prende per un braccio e gli chiede: «Ti sei perso piccolo? Dov’è la tua mamma?». Il bambino si gira urla e le morde il braccio.
Lo lascia.
Il bambino inizia a correre urlando e ridendo poi di corsa svolta l’angolo. Marta l’insegue, ma nella fila accanto c’è la madre. Il bambino le si avvinghia urlando: «Mamma mamma quella signora è cattiva».
La madre si gira verso Marta con l’aspetto di un vampiro assatanato di sangue.
Marta intuisce il pericolo. Alza le mani come a indicare “vengo in pace”. Marta: «Credevo che il suo bambino si fosse perso». La madre riprende l’aspetto ordinario, quello di una donna sopita da troppa noia televisiva, libri Harmony e gialli televisivi. Guarda il bambino: «Gioacomino la signora ci lavora qui, pensava ti fossi perso». Il bambino si rimette nel carrello schiacciando le cose: «Vojo le patatine». «Dopo, adesso mamma fa la spesa». La donna passa con il carrello davanti a Marta il bambino le fa la linguaccia.
Marta parla tra se e se: “Madonna li ammazzerei”.

di Daniele de Sanctis

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