“Agosto è il mese più freddo dell’anno” – 5

“Agosto è il mese più freddo dell’anno” (da una canzone dei Perturbazione) è un racconto a puntate. In un torrido giorno agostano, i personaggi qui raccontati, sono coinvolti in una rapina al portavalori. Questo il contesto: il quartiere di Montesacro, tra Tufello, Talenti, Valle Melaina, San Basilio, Fidene, Porta di Roma, Podere Rosa; gli ambienti sono: case popolari, Bar, parcheggi, muretti, scale di condominio, stradoni, buche e cantieri. Come sfondo alla rapina, si parla di amicizia, d’amore, e tra le righe qualche citazione: Pasolini, Calvino, Flaiano, Queneau e Ionesco. Una storia da Nulla, nel Nulla. Un luogo dove i personaggi affrontano le vite come se fossero in uno sceneggiato televisivo, perché qui i Media e la Tv sono l’Ara della cultura, e la legalità un mero punto di vista. Montesacro nel racconto è un luogo dove si dorme, si vive, si muore, soli.
In ogni parte del racconto troverete un link di un brano idoneo a fare da sottofondo alla lettura

Coffee Break

Buio. Interno stanza di Riccardo. Una voce spettrale: «Ricca, Riccardoooo, Ricccccaardooooo». Apre gli occhi, rumore di vetri rotti. Riccardo grida: «Che c’è? Chi è». Alza la testa di scatto dalla scrivania, si gira c’è solo il PC acceso. Lampeggia, attorno silenzio, si sentono le cicale, c’è un messaggio sulla bacheca, è Marta: «Allora? Sveglio? Passi a pranzo? (cuoricino e faccine)». Si alza dal letto, apre le finestre e mette su un po’ di musica. Risponde alla chat: «Si Amore (cuoricino), all’una e mezzo».
Si guarda intorno, “tranquillo, sono a casa”.
Marta risponde: «A dopo, Smack!».
Riccardo ad alta voce: «Ma che ore so’?». Si reca in cucina… trova 50 euro, se li mette in tasca. Sulla macchina del gas c’è una caffettiera. Accende il gas. Prende il telefono e chiama. Cammina come un leone in gabbia.
Rispondono: «Ohi, sei sveglio? …Seeh, quanno posso passa? Ok, so dov’è, dieci minuti. Arrivo».
Dalla caffettiera schizza il caffè.

Nota musicale:

Dallo stereo si alza chiara la voce di “Anna Netrebko in Casta Diva”.
Mentre con una pennellata di colore Melissa dipinge un quadro astratto, il cane la osserva sonnacchioso. Lei si sforza, si concentra, suda, poi si scosta e si allontana per osservare meglio il quadro. Si allontana, due passi indietro, socchiude le persiane.. “Bene” dice soddisfatta.
Le piace. Suonano alla porta. Con le mani macchiate di colore va ad aprire. Fuori ‘sta Vittorio: abito grigio elegante, camicia bianca, fiocco, giovanile sui ’50. Occhialoni neri, capelli brizzolati lunghi.
Melissa (lo squadra e sorride): «Ahh bene, sei qua».
Vittorio: «Sono venuto, come promesso».
Melissa: «Vuoi un caffè?».
Vittorio: «Si magari, sono venuto prima perché vado a fare un giro di spese, e per mostrarti questa – le porge un foglio piegato. Se vuoi faccio il giro col cane».
Melissa: «Grazie, sei gentile così finisco un quadro e te lo mostro. Cos’è».
Vittorio: «La sentenza di morte della società».
Melissa: «Ingiunzione?».
Vittorio: «No, peggio dichiaro fallimento, visto che la banca ha chiuso la linea di credito».
Melissa: «Dai su, cerca di stare sereno».
Vittorio: «Sono dieci anni che combatto, ho perso. Sono troppo vecchio per ricominciare».
Melissa: «Io, me ne vado. Ho la mia isoletta in Grecia. Vi lascio tutti».
Vittorio: «E lui?».
Melissa: «L’ho lasciato».
Vittorio: «Sicura? O come le altre volte ci ricaschi?».
Melissa: «Non credo. È che mi sono stufata di fare il tappetino».
Vittorio: «Sarebbe ora sono anni che lo dici».
Melissa: «Certo che si. Ora basta, avrei voglia di leggerezza».
Vittorio: «Hai in mente qualcuno?».
Melissa: «Be’ non so, è piuttosto una idea».
Vittorio: «Ci devi uscire?».
Melissa: «Me lo ha chiesto oggi, non so».
Vittorio: «Escici. Svagati. Circuiscilo e fatti sposare».
Melissa: «Vittorio ti voglio bene, fonda un partito politico».
Vittorio: «Come no, magari assieme a Godzilla e lo chiamerei l'”ennesimo».
Il cane nel frattempo ha preso il guinzaglio in bocca Vittorio: «Ops, ehi bello… Filippo vuole uscire».
Melissa: «Ci credo sta più con te che con me».
Vittorio: «I cani hanno il difetto di non dire cosa gli piace, e penso che abbiano un palato abbastanza spiccio. Però, riconoscono le persone buone».
Melissa: «Filippo ti vuole bene».
Vittorio: «Quando te ne vai me lo lasci? Gli voglio bene anche io».
Melissa: «Perché non vieni via anche tu?».
Vittorio: «La mia è la generazione che ha fatto questo. Io con l’azienda e gli affari, gli altri con il voto di scambio e il menefreghismo. L’abbiamo costruita noi così. Io ho perso, e sono troppo vecchio. Ho la colpa e il dolore per avervi dato questo. Io sono complice, è giusto che affondo con loro. Come un comandante su una nave con i miei cassa integrati con il mio funzionario di banca e con Mr.B. Questo è la mia pena, questo il mio debito. Tu invece sei come una figlia per me. Vattene, fai ancora in tempo. Creati un mondo migliore».
Melissa – lo abbraccia – «Giornata no? Senti, vieni che ti mostro un quadro, voglio sapere cosa ne pensi. La risposta è ovvia, solo una, ti piace. Ma vorrei sapere quanto. Intanto bevi il Caffè?».
Vittorio: «Perché no». Entra. La porta si chiude alle sue spalle.

Centro commerciale, sala relax


Una serie di macchinette distributrici merendine e porcherie tossiche. Macchinetta, la mano afferra il bicchiere di plastica. Davide porge il caffè a Lucia
Lucia: «Grazie. Allora? Come è andata?».
Davide: «Male direi, al solito nulla di fatto».
Lucia: «Non avrai mica dato di matto? Vuoi crescere?».
Davide: «E fare cosa, lavorare fino a morire… sposarmi, come hai fatto tu con uno stronzo ricco, che aveva mille amanti e che ti ha lasciata sola. Hai dimostrato che sei figa. Sei laureata e capace ma lavori a tempo determinato provvisoria. Ora ti spacchi la schiena dodici ore al giorno e ti manca anche il tempo per berti un caffè dignitoso».
Lucia: «Se la stronzaggine fosse una virtù ti farebbero santo».
Davide: «Scusami non lo pensavo ma è un po’ di tempo che non gira nulla per il verso giusto».
Lucia: «Ti servono soldi?».
Davide: «No per fortuna, sono venuto solo a trovarti. Sapere come sta la mia sorellina».
Lucia: «Di solito chiedi soldi».
Davide: «Oggi no. Anzi ti ho portato un regalo».
Lucia: «Cos’è una sorpresa? Da te? Mica è il mio compleanno, né Natale, sento puzza d’imbroglio».
Davide: «No. È un libro», e glielo da. “Il Maestro e Margherita Nabukov”.
Lucia lo guarda: «Ma te l’avevo regalato io».
Davide: «Infatti c’è anche la dedica – e ride – oggi è la seconda volta».
Lucia: «Che cosa?».
Davide: «È la seconda volta che rido».
Lucia: «Cos’è questo un miracolo?».
Davide: «Stamattina ho conosciuto una tipa, in realtà l’ho riconosciuta, ci voglio uscire stasera, la porto a rubare nani, se le piace diventerà mia moglie».
Lucia: «Ne sei certo? Chi è la pazza, lo sa in che guaio si va a infilare?».
Davide: «No, non credo. Si chiama Melissa, è meravigliosa. Sono riuscito a restarle simpatico, ha detto: ironico».
Lucia: «Di mattina. Allora è una cosa seria? Non è la solita tettona con piercing tatuaggi e frusta».
Davide: «No è fichissima, credici, anzi mò la chiami e ti ci faccio parlare».
Lucia: «Sei fuori, fare la ruffiana a 40 anni».
Davide: «Trentasei, non ci provare, però la devi sentire è deliziosa».
Lucia: «Spero lo sia – ci pensa un attimo – da’ ‘sto telefono».
Davide: «Eccotelo, è già impostato».
Lucia: «Che le dico?».
Davide: «La verità. Quella paga sempre. Che sei mia sorella, che tuo fratello sta male di cuore e che se non la vede ci muore. Oppure che hai piacere a conoscere chi lo fa soffrire, alla carogna. Che è qui sdraiato in terra con la schiuma alla bocca, contorcendomi per amore».
Lucia: «Ecco giusto la verità. Io ti manderei a cagare».
Davide: «Dai merita. È veramente pazzesca».
Lucia: «Ma parlaci almeno prima tu e non fare lo scemo».
Davide: «Ti ricordo che io quando sono innamorato tartaglio».
Lucia: «Problema tuo, è ora che cresci, o fai un corso di dizione per patologici».
Davide: «Ok chiamo io, però un attimo ci parli».
Lucia: «Vediamo».

Squilla il telefono

Risponde Gianni dentro un furgoncino, abbassa la radio ad alto volume (musica Hard Rock): «Seehe… Ahhhh… sei tu. Si 3 e mezza, già fatto, si non c’è problema… a dopo». Va avanti e ferma sul lato, scende ed entra nel centro commerciale. Arriva nello store della ferramenta.
Fabione (il buttafuori del locale), skin, grosso, camicia a scacchi piccoli e ultimo bottone chiuso, capelli cortissimi, jeans con catenella laterale, scarpe grosse, tatuaggio sul braccio e faccia da bonaccione. Di indole pacifica ma dallo sguardo fiero e poco sensibile a sviare.
Gianni: «Ciao Fabione come butta?».
Fabione: «Bene. Bella zì, te fai vedé stasera?».
Gianni: «Eh ma de che? Perché risonate?».
Fabione: «Si c’è un concerto, la reunion».
Gianni: «Passo prometto».
Fabione: «Bene, ve faccio imbocca io».
Gianni: «Che stai a cercà?».
Fabione: «Er fissativo e ‘na latta de tinta lavabile».
Gianni: «Che stai ancora a traffica da tu sorella?».
Fabione: «Si, j’ho dovuto rifà tutte le tracce, l’impianto l’avevano fatto nel dopoguerra».
Gianni: «Stasera me li fai passà pure un paio de pischelli?».
Fabione: «Chi so?».
Gianni: «Massimone e Francesco».
Fabione: «Scemo e più scemo? So amici tuoi? Nun c’è problema. Ma dije de non creare problemi soprattutto il sellerone».
Gianni: «A buon rendere».
Fabione: «Non c’è problema».
Gianni: «Ma in tournèè non c’annate più».
Fabione: «Se, domani partimo. Poi si vedrà».
Fabione: «Alla grande. Daje te vengo a vede…», lo saluta col pugno chiuso.
Melissa seduta accovacciata con le gambe lunghe poggiate sull’interno. Tazza di caffè in mano. Vittorio guarda il quadro. Melissa guarda il numero, poi decide di rispondere: «Si pronto? Ah, sei tu ? Si mi fa piacere, grazie e com’è andato l’appuntamento di lavoro? Ma ti avevo detto alle 4 e mezza è presto, ci sentiamo dopo? Chi??? No, non se ne parla».
Davide: «Dai solo un attimo, altrimenti non mi fa uscire, è molto gelosa». Passa il telefono a Lucia mette la mano sul microfono: «Eccotela si chiama Melissa». Lucia: «Gelosa? – poi si schiarisce la gola, e  – Scusami sono Lucia la sorella dello scemo».
Melissa: «Ciao io sono Melissa».
Lucia: «Mi ha supplicato di confermarti che non è un pazzo, né un drogato né un maniaco e nemmeno un ex carcerato. Ma in sincera onestà a tua massima tutela tengo ad avvisarti che stai per frequentare un mezzo deficiente».
Melissa: «Lucia, ciao, vedi che non gli ho detto ancora di si».
Lucia: «È un’altra delle sue stranezze, è fatto così, vuole dimostrare di essere uno serio, fa passare me per una beghina, mi mette in mezzo».
Melissa: «E tu rifiuta?».
Lucia: «Non posso, sono la sorella, obbligo di sangue sai com’è. Me lo voglio togliere dai piedi, ma sappi che è armato, e mi minaccia».
Melissa: «Di che? Armato?».
Lucia: «Ha due barrette al cioccolato e se non facevo questa telefonata le mangia lui. Ora che ho fatto la brava le riscatto».
Melissa: «Io avrei rifiutato. Ma messa così sembra un’azione umanitaria, non si possono abbandonare due barrette al cioccolato, vuoi che chiamo i caschi blu?».
Lucia: «Lascia perdere che hanno già il loro daffare. Se proprio, mi vuoi aiutare esci con questo sfigato, portalo ad un C.I.M. e fallo internare. Te ne sarò grata in eterno».
Melissa: «Messa così non posso che accettare, pensa alle barrette che salverei, ma non è che poi mi rapisce e mi porta su un altro pianeta?».
Lucia: «Mah, non credo, ha finito il plutonio per l’astronave. E con quello che costa il plutonio oggi non credo… Melissa mi stai dicendo che ti ha convinto? Allora i pazzi siete in due, e andrete d’accordo probabilmente, scusami per ragionare così, ma non è che sei un venditore Herbalife e te la fumi?».
Melissa: «No, non ne faccio uso, sono in realtà un incisore, faccio quadri e altro, ogni tanto spaccio panini con Nutella ai bambini fuori dalla scuola tanto per fare qualcosa di trasgressivo. Ma Lucia, ma sei tu, Lucia Massaro?».
Lucia: «Sì sono io, e tu ragioni come ai tempi della scuola o come mio fratello. Ancora co’ sta fissa della strega? Credevo avessi smesso Maria. Comunque va bene divertitevi, se ti va, e se puoi vediamoci più tardi, io sto sempre al centro commerciale».
Melissa: «Va bene ti chiamo dopo il numero è lo stesso?».
Lucia: «Si è sempre quello». Si rivolge a Davide: «Ha detto che devi affrontare il male, superare una foresta di rovi, uccidere un drago e poi la potrai baciare, ma anche di si». Davide le strappa il telefono e la bacia: «Pronto».
Melissa: «Sono ancora qua».
Davide: «Allora a che ora ti vengo a prendere?».
Melissa: «No, mi chiami dopo le 4, non prima, ancora non lo so se posso o voglio uscire stasera»..
Davide: «Va bene Pequenita non ti arrabbiare».
Melissa: «Sei stato scorretto. Tre punti in meno».
Davide: «Vedrò di farmi perdonare».
Lucia lo guarda in cagnesco con le braccia incrociate. Lucia: «“Pequeñita”??? Andiamo bene… non è il nomignolo di una tua ex?».
Davide: «Speravo non mi chiedesse cosa significa, lo farà?».
Lucia «Te sei fuori come un balcone. Quella è una mia amica non fare cazzate o ti strozzo con le mie mani».
Melissa salva il numero sul cellulare con “Davide Imbranato”.
Lucia trascrive il numero su un pezzo di carta ma scrive Maria.
Davide: «Vado a fare un po’ di spesa, ci vediamo». Bacio: «Ti voglio bene».
Lucia: «Anch’io scemo – e sorride – dopo ci vediamo?».
Davide: «Non lo so».
Lucia: «Non era una domanda, è un ordine».
Davide: «Dai ti chiamo».
Lucia: «fallo».

di Daniele De Sanctis

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