Valzer con Garni

Reportage esistenziale dai confini russi. Georgia e Armenia due nazioni: punto d'incontro tra Est, Ovest e Medio Oriente

.«Il mondo in cui viviamo è fortunatamente limitato. Pochi passi bastano per uscire dalla nostra camera, pochi anni per uscire dalla nostra vita… Ma supponiamo che in questo piccolo spazio, improvvisamente oscuro, ci perdessimo, ad un tratto divenuti ciechi… Tutto ci sembrerebbe enorme e la nostra stanza grande, incredibilmente grande, al punto di diventare impossibile! Impossibile!… E tuttavia una risposta può spiegare tutto. E poi tu porrai cento altre domande, ci saranno cento altre risposte… vedrai che l’assoluto non esiste né in un senso né nell’altro… che tutto è possibile». Corto Maltese

 

Davvero pensavi in un mondo migliore?13081765_10206388722773070_1821413840_n
Uomini di molta fede percorrono strade dissestate, intervallate da oasi contenenti risposte. Sono dogmi… fuggi dalle sirene oh Ulisse del terzo millennio. Lascia ai gatti il riposo del pensiero e guarda avanti. Apocalissi post industriali, Armageddon da globalizzazione.
Continua diritto a te, certo che nessuna domanda possa trovare risposta. Falsi miti da post aristotelici.
L’estate armena è da levare il respiro. Gocce di sudore sulle fronti, rocce e polvere dai finestrini, cani vagabondi e donne anziane camminano ai lati della strada. L’asfalto ribolle in un rifiuto di ciò che ci passa sopra: troppo stanco per squagliarsi, troppo dissestato per aver la forza di reagire.
Le rughe degli uomini e delle donne segnano canyon i cui scoprire i meandri di un retaggio antico, passato, dimenticato. Uno stato di torpore si alterna alla coscienza del viaggiatore. Decisamente l’Armenia non è un paese che dà il benvenuto. «Non siamo più nel Kansas Dorothy».

13081604_10206388722253057_2121771707_nLa quieta accettazione di uno status quo fa parte dell’uomo? 
Siamo esseri che si accontentano delle briciole? Dimentichi di una storia ripetuta, continuiamo il nostro viaggio pronti ad abbracciare le oasi della pace e della vergogna, del pudore e della cattività.
I chilometri si alternano, case e baracche sono un panorama già visto che ormai difficilmente riesci a distinguere. Il torpore porta alla pazzia, alla follia momentanea, alle grandi domande che svelano grandi cazzate che sono figlie di grandi stronzate.
E così tra un occhio chiuso ed uno aperto, forse l’illuminazione è che ci siamo scordati come si fa a sentirci ancora parte di qualcosa.
No, non c’è difetto nella globalizzazione, ce ne sono nei suoi interpreti. Non si stava meglio quando si stava peggio, accettare un divenire può essere, e forse deve essere, la forza in più di una comunità. Ma a cosa pensano i nostri figli quando guardano le stelle?13105958_10206388721413036_756595235_o
Seduti davanti alle televisioni dovremmo guardare i telegiornali, fermarci, prendere il sangue del nostro sangue e dirgli: “Guarda, vedi quei bambini? Quelle persone su quei gommoni? Quelli sono nostri fratelli e nostre sorelle. Stanno morendo e noi li stiamo evitando”.
13106688_10206388722293058_583386783_o L’impero cade ancora e non potrebbe essere altrimenti, la trama è la stessa: figli di una cupidigia ci facciamo paladini di una terra che non ci appartiene e creiamo gli stessi presupposti alla nostra rovina. Edifici di argilla su terreni di argilla.

 

«Giasbo, quanto cazzo manca a Garni? Sto male. La colazione a base di Kebab naviga nello stomaco, forse abbiamo esagerato». 13101030_10206388722053052_1079843509_n
Amletico sguardo di un amico tra la scoperta di un mondo nuovo e la necessità di capire. In fondo, pensai, Giasbo è l’opposto di me, probabilmente anche grazie a questo riusciamo a viaggiare insieme. La trance continua. Un cartello segna che la meta è vicina appena 20 chilometri, posso cadere nuovamente nel torpore.

Esseri finiti che mirano all’infinito, uomini e dittatori, Putin e Assad, pasta di un unico genoma: lo scopo non è mai se stessi. Sbalzi da mattinata armena, trend da 30° all’ombra. Anche questo paese è in guerra. In guerra con un nemico mortale: se stesso.
L’Azerbajian è il fronte, ma i palazzi di Yerevan sono il campo di conflitto.

Garni 5 chilometri.

Davide Lemmi

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9 Comments

  • quanta tristezza nelle parole che ho letto, mi è sembrato di poter vedere e toccare tutta la desolazione umana.
    Riflettevo sul fatto che sto studiando e ricercando il modo di giungere all’uno, di sanare questa spaccatura della dualità, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto….
    ma adesso mi rendo conto che la lotta non è più tra due fazioni, qui siamo in presenza di multipolarità in cui non si capisce più da dove ripartire. Chi ha in mano le carte sa come mischiarle ma io non mi arrenderò mai.

  • sempre grazie per questo diario. un esperienza personale in un mondo devastato, cosi’ lontano ma presente grazie al vostro lavoro .
    complimenti Davide ..

  • accettare il divenire deve essere una forza di una comunita’,che poi lo sarebbe anche di un singolo , il divenire sta nel cambiamento dei tempi,della societa’ , e quindi accettarlo significa sopravvivere. accettare la globalizzazione quindi, in fondo, si puo’, si deve … ma come scrive Lemmi gli interpreti sono ormai troppo corrotti. a quel punto non si puo’ piu’ accettare, anzi, tutto cio’ e’ inaccettabile

  • Prende…il nostro Davide…prende eccòme…scrive come se prendesse l’esterno…lo interiorizzasse…e lo risputasse fuori…in faccia al lettore…!
    Da apprezzare….

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