Potere assassino

«..è ormai tempo, o giudici, di andar via, io per morire e voi per continuare a vivere: chi di noi vada verso una sorte migliore, è oscuro a tutti tranne che al dio». "Apologia di Socrate", Platone

Provate ad immaginare di essere cittadini greci al tempo di Socrate. Il tribunale ha appena pronunciato una sentenza drammatica: uno degli uomini più saggi mai apparsi sulla terra è stato condannato a morte.
Egli rispetterà l’assurdo giudizio e, senza esitare, ingoierà la venefica cicuta. Morirà in brevissimo tempo lasciando agli uomini un patrimonio di saggezza che ancora oggi, dopo duemilaquattrocento anni, risuona nelle nostre menti.
Non una sentenza capitale ma un delitto perpetrato dal potere imperante, che attraverso il braccio della giustizia, poteva compiere atti ignominiosi.
Ritenuto dal filosofo e classicista austriaco Theodor Gomperz «il primo martire per la causa della libertà di pensiero e d’investigazione», ne seguiranno altri nel corso della storia umana.

Che cos’è il potere? È una domanda che riecheggia da molti secoli, tutti ne siamo soggetti, ma non sempre ce ne accorgiamo.
Tutti, nel nostro piccolo, lo esercitiamo senza averne contezza. Ne percepiamo la presenza quando arrivano la sofferenza e il dolore, che talvolta si accompagnano all’esercizio di un potere e, segnatamente, un potere politico. Oppure quando ci favorisce, quando riusciamo a trarre beneficio dalla sua forza.
Nel suo significato più generale, la parola designa la capacità o possibilità di operare, di produrre effetti; e può essere riferita sia a individui o gruppi umani, sia a soggetti o fenomeni della natura.

Vi è un potere di dominio o di superficie, il quale si estrinseca mediante atti di violenza, come le occupazioni militari.
Per Gramsci il potere egemonico invece è quello che si manifesta in ambito culturale, appropriandosi del pensiero: un gruppo di potere esercita una egemonia culturale quando riesce, in seno ad una società, ad inoculare il germe del pensiero unico. Quando convince un’intera società, in altri tempi avremmo detto popolo, a pensare allo stesso modo.
È quello che avviene nelle dittature, nei totalitarismi (Hannah Arendt) e nelle monarchie assolute. Quando Luigi XIV, il re sole di Francia ebbe a dire che “L’état, c’est moi” (Lo Stato sono io), potè affermarlo proprio perché la sua parola veniva considerata divina e nessuno poteva opporsi a un dio. In realtà il fatto di aver instaurato una monarchia assoluta costituì il primo passo verso la Rivoluzione del 1789, che affogherà i Borbone di Francia nel loro stesso sangue.
Dunque le rivoluzioni hanno luogo quando il pensiero unico fallisce e si sgretola. Dobbiamo immaginare l’egemonia come un involucro contenitivo che nel momento in cui comincia a sfaldarsi non riesce più a tenere insieme la società di cui è responsabile.
Nell’esordio ho citato Socrate ucciso dalla giustizia del suo tempo, nella Grecia del IV secolo a.C.
Più tardi, nella Roma antica, il filosofo stoico Lucio Anneo Seneca fu costretto al suicidio da Nerone, suo allievo e discepolo divenuto nel frattempo imperatore.
Nel Cinquecento un filosofo italiano di Nola, Giordano Bruno, predicava idee contrarie al pensiero dominante della Chiesa e così fu assassinato dall’assolutismo religioso per non aver abiurato, al contrario di Galileo Galilei conobbe la morte in piazza Campo de’ fiori a Roma, nel febbraio del 1600.
Altra storia quella del potere religioso, sovente ingiusto e spietato, il quale era solito esplicarsi nelle aule dell’Inquisizione e del Sant’Uffizio, infliggendo torture e condanne a morte, spesso fra atroci patimenti.

Il potere diviene assassino quando l’eccesso di orgoglio, lahybris“, travalica l’umana ragione e travolge qualsiasi codice etico. Quando al valore unico ed insostituibile della vita si antepone l’ambizione di un singolo, di un popolo, di una nazione.
Occorre lottare affinché l’integrità e la dignità umana occupino sempre il vertice della piramide valoriale.
L’educazione gioca un ruolo fondamentale, l’alfabetizzazione, l’istruzione sana svincolata da qualsivoglia ideologia, devono formare generazioni capaci di intuire il pericolo di derive assolutiste. Fornirle di un sistema immunitario in grado di proteggere le comunità da patologie sociali già tristemente note all’umanità.

Mentre scrivo mi vengono in mente le immagini di “Tempi moderni“, il capolavoro cinematografico di Charlie Chaplin è una satira del potere capitalistico. Altra forma di potere che può essere distruttiva se non padroneggiata.
L’uomo che viene risucchiato dagli ingranaggi è l’emblema di una forza sfuggita al controllo.
Il capitalismo è il sistema economico nel quale siamo immersi e dal quale siamo avvinghiati da qualche secolo ormai, il suo potere nefasto ha prodotto una specifica classificazione delle persone in base al possesso o meno del denaro.
Già Hegel ebbe a dire che gli individui sono polvere della storia: «Sono persone solamente gli individui che hanno denaro…». “Homo sine pecunia imago mortis”, l’uomo senza denaro è l’immagine della morte.
Ecco che nell’era capitalistica il denaro è assurto al rango di divinità. Se tutto si fa con il denaro, l’ambizione individuale fa di tutto per averne. Se la dignità della persona si costruisce e passa attraverso il possesso dei beni materiali, si è pronti a immolare tutto su quell’altare.

Nel Novecento, sempre per la sete di potere e dominio, in Europa e in Asia le guerre avevano distrutto intere città e devastato le economie di molti Paesi, provocato un numero immane di morti e il genocidio del popolo ebraico, avevano dimostrato la violenza distruttiva della bomba atomica e lasciato dietro di sé una scia di odio e di vendette per il regime di terrore seminato dai fascismi e dai nazionalismi fanatici.

Ora, per concludere, vorrei ricondurre tutto alla nostra soggettività: da come decidiamo di vivere dipende la costruzione di una società sana, dove il potere non è assassino ma è al servizio dell’uomo. Dove al potere finalizzato al dominio si sostituisce quello volto alla corretta ed equanime organizzazione della società.

Termino con Socrate così come ho cominciato: «In ogni caso il vostro potere non mi fa paura, perché una grande verità mi conforta: nessun male può essere fatto all’uomo giusto. Il giusto non può patire nulla di male, né in vita né in morte. Non in vita, perché gli altri possono ucciderlo ma non alterarne l’armonia interiore. Non dopo la morte perché, se c’è un al di là, egli avrà il suo premio».

Giuseppe Cetorelli

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3 Comments

  • concordo in toto. articolo utilissimo per fare ordine su un concetto che è una costante dell’ inadeguatezza umana a questo mondo

  • sempre grande Cetorelli. Adoro il tuo colto modo di far comprendere in modo semplice la cultura e non solo. questo appuntamento sul potere è particolarmente focalizzante. ci sarebbe tantissimo altro da dire ,ma certamente capiamo quanto le risorse vengano da sempre amministrate dai pochi,tanto che i restanti profumano subito di morte

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