“Agosto È Il Mese Più Freddo Dell’anno” – 4

“Agosto è il mese più freddo dell’anno” (da una canzone dei Perturbazione) è un racconto a puntate. In un torrido giorno agostano, i personaggi qui raccontati, sono coinvolti in una rapina al portavalori. Questo il contesto: il quartiere di Montesacro, tra Tufello, Talenti, Valle Melaina, San Basilio, Fidene, Porta di Roma, Podere Rosa; gli ambienti sono: case popolari, Bar, parcheggi, muretti, scale di condominio, stradoni, buche e cantieri. Come sfondo alla rapina, si parla di amicizia, d’amore, e tra le righe qualche citazione: Pasolini, Calvino, Flaiano, Queneau e Ionesco. Una storia da Nulla, nel Nulla. Un luogo dove i personaggi affrontano le vite come se fossero in uno sceneggiato televisivo, perché qui i Media e la Tv sono l’Ara della cultura, e la legalità un mero punto di vista. Montesacro nel racconto è un luogo dove si dorme, si vive, si muore, soli.
In ogni parte del racconto troverete un link di un brano idoneo a fare da sottofondo alla lettura

Massimo è ancora seduto immobile a leggere.
Francesco arriva, indossa gli occhiali da sole, la maglietta macchiata di sangue (di una misura più corta del giusto), si avvicina col segno rosso dello sganassone esclamando un: «Bella raagà».
Massimo ricambia con il suo grugnito. Francesco lo passa e gli strappa il giornale aprendolo a caso dice: «Ma allora se lo so comprato sto portiere?».
Massimo: «No sta a vede che alla fine c’è metteranno er citofono».
Francesco gli strappa il giornale guarda l’oroscopo: «Dice che ieri c’è stato n’incidente a largo Lumiere, uno speedy pizza l’hanno portato all’ospedale poraccio».
Massimo: «Lo conoscevi?».
Francesco: «No, sarà n’artra compagnia, che famo cor Bayern soo giocamo?».

Davide fermo si mostra perplesso. La guarda, respira, prende coraggio: «E se volessi contattarti».
Melissa gli sorride: «Hai ragione scusa».
Rovista nella borsa ne tira fuori un taccuino e matita: «Questo è un forse quasi un si, è il mio numero». Scrive «333446618 la fatina :P».

Davide lo prende e sorride: «Ti chiamo dopo e ciao».
Melissa lo guarda andare via sorridendo e incrociando le dita.

A.B. Normal

Riccardo chiude il telefono a Gianni. È nella sua stanza, piccola, angusta e carica di brand, poster e cappello Guiness, lattina vuota Brew Dog, bicchieri da birra, un manifesto del TruceKlan con Noiz Narcos, un chilum di vetro, un disegno streets a parete con la scritta “bella”. Chiude le imposte, accende il computer e l’impianto stereo. Musica (‘unz ‘unz). Dal cassetto tira fuori una scatoletta con cartine, erba e altro. Si fa una canna. Intanto si mette a guardare i Social Network, ride ad una battuta sugli ebrei, onore e gloria, e un post di Agorà RAI o di Rizzo, uno è l’esatto opposto dell’altro, senza filo di continuità. Posta qualcosa di “simpatico” su Facebook, e ride da solo.
Mette un paio di commenti, dal computer esce un suono…
Suona la chat (rumore “plin” dal PC).
Dj. SPK :  😀 ehi grande li avemo spakkati
Mc Ak47 : 🙂 da paura
Dj. SPK : *foto – link allegato guarda che roba –
Riccardo le guarda un po’.. (gente che balla e beve).
Mc Ak47: :D.
Melissa entra in casa, lancia le scarpe, un cane di taglia piccola le viene incontro, ci parla: «Filippo, bello mio, anche stanotte solo? Meglio così non sai che palle. Quello stronzo. Ti vanno degli spaghetti vecchi o preferisci il fois gras? Ma si, che mangi meglio di me… c’è del succo di ribes… mi sa che non ti piace». Entra nella cucina apre le imposte. Apre il frigo, e piegandosi prende un contenitore di plastica, lo annusa disgustata, prende un cucchiaio, lo versa nel secchio dell’immondizia. Apre una scatola di cibo per gatti e ne versa il contenuto in una ciotola. Mentre il cane mangia prende il vestito dalla borsa in tela e lo guarda: «Ti piace? Me l’ha regalato un tipo oggi al mercato, mi ha pure invitata ad uscire, che faccio? Ci esco sembra divertente. Sono tentata, è carino, sicuramente sarà uno stronzo egoista, o un drogato o peggio un artista. Ma è imbranato da morire, è molto carino, ha belle mani e sembra… lo sai. È della mia età, non sarai mica geloso, in fondo si tratta solo di uscire, così… senza pensieri. Dice che vuole ubriacarmi e andare a ballare su un barcone a piedi nudi. Carino, romantico. Io quasi, quasi ci vado. Ora mi ci vuole un bel bagno».

Accende lo stereo, canticchia “…una rosa” di Vinicio Capossela:

«Gialla come la febbre che mi consuma,
come il liquore che strega le parole,
come il veleno che stilla dal tuo seno,
gialla non è la rosa che porto a te».
Saltellando scalza e divertita entra in bagno. Mette in lavatrice il vestito. Apre l’acqua per un bagno. Sale il vapore. Il cane si mette sul tappetino.
Melissa accende la lavatrice.

Girano le ruote di un motorino, colpi di gas. Marta velocemente, si mette sullo scooter e parte, fa scendere il cavalletto con un colpo di sedere, esce dal cortile, si mette per strada, gira a sinistra e arriva al mercato. Arriva al Bar. Spegna il motore. Scende ed entra. Il barista si gira non le chiede cosa vuole, ma mette su un cappuccino e le porge un cornetto; dice solo: «È tardi stamattina». Marta si sente figa. Non lo guarda neppure, osserva con attenzione il cellulare. Alza gli occhi e sorride per ruffianeria abitudinaria.
Marta: «’Nna cifraa, nun riuscivo ad alzamme, scappo, che se ne morono senza me». Sullo schermo del cellulare Marta86 è stata taggata… (sono le foto di Dj SPK), le guarda (carrellata di foto di Riccardo, nuche e teste e fuori fuoco, delle foto di merda). Ma con centinaia di like. Commenta ad alta voce: «Va be’. Ste foto so orribili…». Va per pagare: «Colazione». Il cassiere le porge un cioccolatino e le sorride, lei snobba. Esce, si siede sul motorino.
Massimo da una gomitata a Francesco: «Ja darebbe ‘na-susta». Francesco alza la testa e tenta di salutarla: «Aho, a bella… ciao».
Marta non li degna di uno sguardo… accende e se ne va.

Sale le scale, percorre una lunga fila di negozi e corridoi. Le viene incontro Gianni in divisa da fattorino con delle buste sotto braccio.
Gianni: «Aaaaah bella, niente colazione stamattina?».
Marta : «Ciao”, fa segno di no con la mano:«Ho fatto tardi».
Gianni :«V’ho appena consegnato un botto de roba a presto bella».
Marta : «Ciao ‘zi».
Passa la porta taglia fiamme. Entra.
Lucia è di spalle al tavolo, con un plico davanti, smista la posta. Senza girarsi: «Buongiorno Marta».
Marta: «Buongiorno, scusi è che, #ç!!».
Lucia : «Non fa niente sono già arrivate le buste, a chiusura facciamo le paghe cosi non lasciamo niente in sospeso». Si sposta e le indica il PC…
Lucia: «Su forza, al lavoro che oggi è dura…».
Marta: “Grazie, scusi di nuovo…».
Lucia si alza prende un paio di lettere dal mucchio e sorride a Marta. Esce dalla stanza. Marta si avvicina al tavolo e inizia a guardare le Mail.

Serve a qualcosa fare il Training autogeno?

Nota di ascolto:


Sulle scale di una palazzina anni 70 in Prati. Una porta di legno con una chiostrina in vetro chiusa. Campeggia su di un foglio di carta la scritta malfatta – Citofonare – Davide suona il campanello… “gnneek”, apre, entra e si rivolge al desk; lo fanno passare per una porta doppia stile banca. Muri pieni di fogli con scritte di turni di montaggio, pezzi di carta, vari scaffalature metalliche grigie piene di ¾, cassette e cavi lettori Vhs a altri pezzi di modernariato, armadi di metallo con nomi di programmi televisivi e adesivi sindacali, poster della mostra del cinema e macchine fotocopiatrici, macchinette del caffè distribuite a casaccio. A lato c’è la guardia.

«Sono Davide Massaro, dovrei parlare con il dott. Paolo Gargiulo, mi aspetta».
Guardia: «Hanno mandato il fax?».
Davide: «No, ho l’accredito annuale, controlli», porge un documento.
La guardia digita il nome sul terminale: «Mah, è per il Flaminio».
Davide: «Si, lo so, ma è la stessa stessa ditta, no? Comunque chiami, ho un appuntamento».
Guardia: «Attenda – telefona – buongiorno c’è un signore per lei. Si, bene».
Gli passa un foglietto con la banda magnetica. «In fondo al corridoio a destra».
Davide taglia corto: «Grazie, so dov’è».
Si gira, passa l’ennesimo tornello e parte per un lungo corridoio illuminato al neon, un incrocio tra Fantozzi e Blade Runner, della gente chiacchiera, chi legge il giornale, qualcuno lavora nelle sale di montaggio o sembra farlo. Man mano che avanza nel corridoio la luce aumenta, più si avvicina ai dirigenti più arriva anche il sole dalle finestre e si intravedono delle piante, la 214 è tra la 128 e la 280. Davide scuote la testa e pensa ad alta voce «Tutto ciò non ha un senso», (comunque, è più simile a Fantozzi che a Blade Runner).
Arriva alla porta e bussa. L’ufficio è abbastanza grande, la luce solare filtra dall’esterno. Davide entra, mano in tasca. La scrivania è bianca, seduto a leggere qualche foglio al computer c’è Paolo: vestito in camicia bianca, le maniche arrotolate e il Rolex in vista, è lo stereotipo del funzionario.
Davide è in piedi gli porge un dossier spiegazzato.
Paolo lo prende e lo guarda con fare interrogativo: «Ciao, questo cos’è?».
Davide: «Ti ho stampato l’email con la storia delle osterie».
Paolo: «Ah. Bene». Lo butta su un mucchio di altri fascicoli. «Siedi, mi sembra un ottima presentazione, ma sono un po’ confuso ne hai fatte tante di esperienze, troppe, e ancora mi mandi ‘sta roba? Scusami, lo guardavo ora, leggo ad alta voce, mi scrivi che si sviluppano doti di comunicazione e vendita facendo il cameriere?».
Davide si siede e molla lo zainetto, prende una seconda copia e l’apre al punto indicato: «È ovviamente una provocazione, neanche tanto stramba, torna utile stare a contatto con la gente. Il cameriere gestisce, vende i piatti di cucina dove è odiato perché esiste un conflitto naturale tra cuoco e caposala. Vende, fa felice della gente è un lavoro impegnativo e di comunicazione».
Paolo: «Quindi faresti raccontare il mondo dai camerieri?».
Davide: «Be’ si, in fondo molti sono artisti mancati, sono spesso sommelier, blogger… pensavo a qualcosa tipo Carnacina e Veronelli o Brera nella Pacciada, ancora oggi il libro di sala più usato è il “Pellaprat” che era un cameriere. Poi se pensa alle memorie di Escoffier o di Ho Chi Mihn che prima di fondare una nazione era un pasticcere».
Paolo: «Mi sa troppo di intellettuale».
Davide: «Ma è una visione che più dal basso non si può, e poi che cazzo vuol dire intellettuale, basta che uno legga “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, o “Hi fi” per essere intellettuale? Io parlo di stomaco e di emozioni, di amicizie, dell’ospitalità mica dei lucchetti a Ponte Milvio».
Paolo: «Non convince».
Davide: «Considera che oggi chi scrive di vino ne parla come un nazista del marketing e non se ne rende conto, sono gli “utili idioti” della Doc made in Turchia, non sanno neanche cosa è un disciplinare, credono che Savarin sia un ciclista francese in maglia gialla dopato a Calvados».
Paolo: «Altre storie ne hai?!».
Davide: «Un documentario sui musicisti di blues del Mali?».
Paolo: «L’ha già fatto Coppola ed è andato in onda su Rai4».
Davide: «Tanto a me non l’avreste prodotto. La butto cosi “i pirati nell’Adriatico” o i “cavalieri di Malta” o “Caterina dei medici?”, magari “Gaetano Bresci” o “Il cioccolato in Messico”».
Paolo: «Senti, l’ultima cosa che abbiamo fatto che è andata bene è stato le “Storie di fantasmi del Terzo Reich”. Te lo saresti immaginato mai che Hitler credeva nei fantasmi?».
Davide: «Sarà contento grande capo Esthicazzi».
Paolo : «Bravo fai sardonico. Hai prodotto poco negli ultimi tre anni».
Davide: «In realtà sono le reti che hanno smesso di produrre, alcune di esistere, o semplicemente decidono che possono comprare anziché produrre, fare a meno di me, poi anche nella pubblicità hanno ridotto i budget, forse non servo a molto e a nessuno interessano le miei storie, ma devo pagare l’affitto e magari mangiare».
Paolo: «Pure tu, mangi? – sogghigna – racconti storie dici? Tipo questa? – e legge – «Affronti tematiche sociali attraverso la storia delle lingue estinte come il serbo croato? Ma come fai a scriverlo nel curriculum, così..».
Davide: «Le minoranze linguistiche e la guerra dei Balcani».
Paolo: «Si, e io ai tempi ero il corrispondente».
Davide: «Ecco qualcosa di simile a cartoline da Sarajevo».
Paolo: «Altri tempi, allora la guerra era colpa di D’Alema e si poteva fare».
Davide: «Per me non ci sono prospettive. Ho avuto il 16% di Share su questa rete e ve ne siete dimenticati. Quelli che hanno leccato il culo al padrone hanno fatto carriera. Quelli come me, ora fanno i facchini».
Paolo: «Stiamo parlando di cosa?».
Davide: «Niente, era una sua domanda».
Paolo: «La mia domanda è: hai un format da proporre?».
Davide: «Ci eravamo detti che mi avrebbe proposto di entrare per la produzione esecutiva di una rubrica sul cibo e vino».
Paolo: «Ma è già stracolmo il palinsesto, non vedo come potrei».
Davide : «Dimenticavo il #foodporn e gli stagisti. Io avrei pensato ad una cosa come i viaggi in Italia di Piovene e Soldati».
Paolo: «Sarebbe?».
Davide: «Sono testi RAI degli anni ’50 e li confrontiamo con l’attuale, tipo Matera e il sogno di Olivetti, Trento vista da Thun come l’Italia di Rosi e di Pasolini».
Paolo: «Ancora co ‘ste cose da intellettuale, e poi lo sta facendo Pippo Baudo».
Davide: «Stesso spessore di Piovene, povera Italia. Faccio il provino per l’Isola dei Famosi».
Paolo: «La sospendono, ma è una idea. Ma non sei famoso – ci ripensa e ride. Neanche loro, touchè. Senti ti voglio bene, a Settembre rifanno i Direttori di rete e magari ho l’aggancio giusto per un buco di palinsesto; riusciamo a produrre qualcosa di grosso in prima serata come quello sui pentiti di Mafia».
Davide: «Sono dieci anni che ne parliamo, fra un po’ farò le interviste ai nipoti».
Paolo: «Secondo me i tempi sono maturi».
Davide: «Va bene, l’avevamo detto anche l’anno scorso e l’anno prima».
Paolo – chiude – la conversazione: «Ci sentiamo a Settembre».
Davide si alza e si gira va alla porta e senza neanche salutare esce.

di Daniele De Sanctis

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