unòrsominòre. e “L’amor che move il sole e l’altre stelle”…

C'è chi scopre i pianeti, io mi accontento degli intellettuali e oggi scrivo di unòrsominòre

Di recente ho avuto il piacere di suonare ad un secret concert dalle parti di Fano, in una biblioteca in rete con altre biblioteche. Una realtà che è un progetto creato e gestito da persone straordinarie che portano i libri e le letture anche in centri che altrimenti non potrebbero permettersi una biblioteca e in questi tempi di barbarie, Dio solo sa quanto sia importante e fondamentale portare la cultura.
Arrivando prima per il check e conoscendo i nostri ospiti, sono rimasto colpito da una serie di libri sull’antispecismo e sulla questione animale, ho visto i tappeti, i cuscini per terra, le capriate in legno, il tavolo su cui poi sarebbe stato offerto del cibo per un momento conviviale. Ho sentito un ambiente familiare, caldo, come un abbraccio affettuoso, ho sentito che sarebbe stato un bel concerto da prima ancora di portare dentro gli strumenti.
Perché dico tutto questo?
È un report della serata de “I Racconti delle Nebbie“? Ovviamente no.
In chiusura di spettacolo, prima del bis, abbiamo questo brano “Olocausti quotidiani“, è un brano difficile, duro, doloroso, che non riesco a fare sempre tanto l’impatto emotivo è forte (nonostante lo abbia scritto e poi eseguito chissà quante volte). Ci sono tre amiche che ci vengono spesso a sentire (al punto che onestamente, mi danno un certo conforto e se non le vedo in centro Italia un po’ mi preoccupo…) e dalle prime note iniziano a piangere, ecco, io non le posso guardare altrimenti il fragile equilibrio che mi tiene un po’ distaccato per fare il performer, salta. Anche in questa biblioteca, tra il pubblico ci sono occhi lucidi, lacrime e poi discorsi e riflessioni (nel post concerto). Tra le persone con cui parlo ce ne sono alcune che mi dicono “ma conosci unòrsominòre.? In particolare la canzone “Mattatoio“? Ed io rispondo di no, Paolo Benvegnù ovviamente invece si.
Ma è normale, Paolo conosce tutti.
Cioè, mettete caso che decidiate di formare una band che fa folk-punk-ortodosso islandese a Genazzano, dopo cinque minuti dalla vostra formazione, quando avete appena pronunciato il probabile nome, Paolo vi conosce e vi consiglia (bene) delle variazioni armoniche e voi lo desiderate carnalmente come produttore.
Non so perché, ma funziona così.
Stacce.
Comunque, torno a casa dopo il concerto e poi mi rimetto in viaggio (sai che novità) e appena mi fermo decido di ascoltare questo unòrsominòre.
E poi lo riascolto.
E poi lo ascolto ancora.
E poi gli scrivo per fargli i complimenti.
Perché ragazzi, in un mondo vagamente normale, questo ragazzo, Emiliano Merlin, riempirebbe come minimo i palazzetti, i ragazzi canterebbero le sue canzoni alla fermata dell’autobus e ci sarebbero discussioni accorate sul significato di questo o quel verso.
Cosa fa unòrsominòre? Fa quello che vuole, forse punk culturale, forse indie (ma quello vero), forse attivismo, forse esercizio culturale, forse canzone di protesta fine e rabbiosa.
Quello che ho trovato è intelligenza, penna fine, e rabbia, tanta rabbia per un mondo ingiusto e mediocre, Merlin è uno che non ha paura di esporsi, di dire le cose dritte in faccia, di insultare senza alcuna piaggeria. Trovo coraggioso ed esasperato il suo modo di descrivere un mondo che va a tutta felicità e inconsapevolezza verso il baratro, dove la stupidità e la mediocrità sono esaltate oltre ogni legittima ammissione fisiologica.
E quindi niente, ho iniziato ad ascoltare questo artista, questo intellettuale (che poi è un astrofisico, così, nel tempo libero) ed ho pensato una cosa, cioè che è commovente che una persona che ha negli occhi le stelle, che viaggia con la mente, la fantasia e la matematica nello spazio profondo, riesca a mettere a fuoco le piccolezze di un sassolino in un sistema solare periferico.
Ecco, unòrsominòre ci riesce e pure bene.
Chapeau!

 

Nicholas Ciuferri

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