Il Governo Dna

La mia fotografia della situazione politica italiana e il compromesso politico italiano...

Non sono un fan del proporzionale. Perdersi nei dettagli d’una rappresentatività a tutti i costi ha un pregio teorico e un difetto pratico. Il primo è la corrispondenza tra l’elettorato e i suoi rappresentanti, il secondo è la difficoltà di decidere.

E allora? ..vi chiederete. Allora voglio dire questo.

Avendo la (s)fortuna d’essere nato in una generazione post-ideologica, posso permettermi il lusso d’infischiarmene dell’ingresso in parlamento di organismi dallo zero virgola (pur avendo votato per un organismo dello zero virgola). Oggi dobbiamo risolvere problemi, non perderci in filosofie. E in Italia, per cambiare qualcosa, nel bilanciamento tra rappresentatività e capacità di decidere devo necessariamente optare per la seconda. Ne è un esempio la mia città, Salerno, rivoltata come un calzino da una legge elettorale adottata sull’onda antipartitica di “tangentopoli” nei primi anni novanta. Questa legge pone gli amministratori che lo vogliono nella condizione di fare senza scusanti, come occorrerebbe a livello nazionale.

 

L’emergenza di decisionismo discende da un dato storico accettato da tutti: la nostra genetica ingovernabilità.

 

L’Italia è nata senza gli italiani, cioè si fece l’unità senza un’unione. Ancora adesso ci sentiamo un solo blocco soprattutto all’estero e coi mondiali. Da troppo tempo crediamo che mille uomini in una spedizione abbiano potuto sconvolgere lo stato preunitario più importante, il Regno delle Due Sicilie.

– La convenienza dell’Inghilterra,

– l’importanza di Napoleone terzo,

– l’insofferenza siciliana,

– il ruolo della corruzione..

..non hanno ancora il risalto che meriterebbero, non sono mai diventate di dominio pubblico. Se così fosse stato, conosceremmo meglio noi stessi, provando a dare soluzioni concrete ai nostri mille difetti. Tutto sommato, siamo una nazione ancora giovane, centocinquant’anni sono un po’ pochini. Abbiamo mille focolai di poteri, di cui fa due cojoni così la dietrologia internettara: complotti, misteri, Vaticano, massonerie. Pensate che l’argomento forte di chi vuole uscire dall’Euro è l’eterogeneità dell’Europa. Con caratteri così diversi, sostengono, la moneta unica non potrà reggere ancora a lungo. Ebbene, qui da noi è dal 1861 che il governo deve amministrare due paesi differenti, il nord e il sud: e allora come la mettiamo? La mettiamo con una sola conclusione, l’unica possibile: noi, siamo, ingovernabili.

 

E infatti la storia d’Italia ha una costante: il tentativo di governare l’ingovernabile.

Probabilmente, nei primissimi mesi della nuova nazione le mille differenze avrebbero potuto produrre quel che stiamo provando a fare oggi, con un secolo e mezzo di ritardo: meno stato e più autonomie. La percentuale bassissima di votanti e una dottrina liberale imperante l’avrebbero potuto consentire. Oggi, la sussidiarietà europea, il federalismo fiscale e il nuovo 117 della Costituzione vanno proprio in questa direzione.

Ma il problema fu che non ci si aspettava che l’Italia si sarebbe unita.

Nei politici del nord questa intenzione non c’era, e pure ci fosse stata, nessuno c’avrebbe scommesso un centesimo. Quando invece avvenne, si dovettero fronteggiare due grossi problemi, padre e madre di quelli congeniti che ci affliggono da sempre:

– uno interno, come l’ordine pubblico nelle regioni meridionali;

– uno estero, come il riconoscimento internazionale.

L’Italia era troppo grande e troppo impreparata per saper fare gli italiani e per non temere, come avviene adesso, d’essere sgridata dagli altri stati europei. Per questo si rispose con la pura e semplice estensione dell’ordinamento del Piemonte a tutto il nuovo Regno, cioè nella maniera più frettolosa e più statalista.

Giusta o sbagliata, questa mossa ebbe l’effetto immediato di mantenere l’unità, non prendendo nessun problema di petto, anzi lasciandoci quelli di oggi come lascito testamentario. Dunque, per governare tutto quello che covava sotto il tappeto, occorrevano funambolismi politici che, sia pur connotati dai rispettivi momenti storici, erano uniti dalla finalità ultima: governare l’ingovernabile.

 

Ed eccoli ‘sti funambolismi. Dapprincipio fu il trasformismo.

Se la sinistra storica voleva comandare, doveva sbrigarsi ad essere tutto e il contrario di tutto, assorbendo i difetti meridionali ed assecondando le pretese d’una borghesia industriale del nord poco capitalistica e molto statalista.

Col fascismo sembrava avessimo imboccato una strada netta, ma Mussolini ha fatto l’opposto di quel che proclamava. Mentre sbandierava rivoluzioni e combatteva plutocrazie, al governo ci resistette per motivazioni opposte, cioè per compromessi con tutti, dai monarchici ai cattolici, trasformando i socialisti.

Dietro la bandiera nera del fascismo, che offusca ancora la mente degli osservatori, anche la natura delle misure adottate sembra tutto e il contrario di tutto: da un lato si superò il ventinove con misure keynesiane, ingrassando gli enti pubblici di borghesia parassitaria; poi si strutturò lo stato sociale e si pianificò la grande industria di Stato nell’IRI; dall’altro, non si toccò la borghesia industriale italiana: gli Agnelli, per fare un esempio, sono esistiti prima e dopo il duce; i grandi imprenditori italiani, più che la parola rischio, conoscono lo parola Stato.

 

Crollato il fascismo, cambiarono i protagonisti ma non il compromesso, che rimase necessario sia pure col vestito nuovo, la tunica bianca della Repubblica Italiana. Ancora oggi ci muoviamo all’interno di quel compromesso storico ante-litteram tra cattolici e comunisti che è la nostra Costituzione. “La più bella del mondo” è strutturata in modo che nulla cambi e che nessuno decida, eldorado dei vecchi democristiani, ma alibi di Berlusconi. Quell’espressione del berlusconismo che è il velinismo non è servito soltanto ad un pur necessario decoro estetico del Parlamento. È servito a combattere l’eccesso di rappresentatività italiana: mille parlamentari, mille commissioni, mille sottocommissioni, mille amministrazioni. Con una bella Nicole Minetti, anzi, con una bona Nicole Minetti, il processo decisionale infatti si accelera: la velina è contenta del posto in assemblea e chi l’ha messa può ottenere le votazioni che pretende senza le annose trattative della politica. Una risposta un po’ naif al diritto costituzionale, direte voi. Ma pur sempre una risposta.

 

Berlusconi e Craxi hanno avuto una colpa imperdonabile per i politici italiani: hanno rotto i… piani tra cattolici e comunisti, insinuando parentesi sgradite all’interno di quell’equilibrio. Per Craxi, il prezzo da pagare è stata la morte all’estero. Poiché la storia si ripete e l’analogia si regge tutta, con l’età che avanza e le energie che si riducono, stavolta Berlusconi non si sente fuori pericolo. Ma non è stato questo ciò che l’ha convinto a ricandidarsi. Ha fatto di tutto per non farlo, prima invitando Renzi a cena e poi chiedendo a Monti di guidare “i moderati”. Tutto, pur di fare l’unica cosa che oggi pretende: restare a casa a fare il pensionato d’oro, garantito da un congruo numero di parlamentari sulle vicende personali. Le ragioni per cui ha accettato di farlo sono tre: Renzi ha perso le primarie, Monti non ha voluto guidare “i moderati” e l’inesistenza del Pdl senza il fondatore. Il suo elettorato l’ha capito bene: una parte lo ha salutato, rivolgendosi a Grillo; un’altra parte lo ha rivotato, ma con animo diverso dal solito.

Gli italiani c’hanno creduto alla rivoluzione liberale. C’hanno creduto a giusta ragione, confidando nelle credenziali d’un imprenditore di successo, certamente più affidabili di quelle dei politici di professione. Berlusconi ha sicuramente i suoi alibi, tutti racchiudibili nella strutturale incapacità di decidere che attanaglia l’Italia. E Berlusconi ha sicuramente i suoi meriti, tutti riconducibili al regalo che c’ha fatto e che avremo solo con un nuovo Silvio: il bipolarismo, cioè la capacità di decidere davvero. Ma ha una colpa di fondo: costretto dall’immobilismo strutturale delle istituzioni a selezionare poche priorità, ha deciso di badare solo ai fatti suoi. Per questo oggi dell’amore con il suo elettorato sono rimaste solo le tasse. Così, i fattori che hanno salvato il Pdl sono stati due: la promessa sull’Imu e la naturale fiducia che ha ispirato l’atteggiamento tutt’altro che costruito con cui è apparso in televisione, in primo luogo da Santoro.

Ma oggi lo sanno anche i suoi elettori che il Cavaliere le cose non le cambia. Forse ci sarà qualcuno che ci crede ancora ma inizia a dubitarlo giorno dopo giorno. Infatti, ad un mese dalle elezioni, nessun elettore del Pdl ritiene pericoloso un Bersani al governo, e ad un mese dalle elezioni, Berlusconi s’è offerto al Pd per un esecutivo di responsabilità. E il Pdl lo sa bene, avendo scelto Piazza del Popolo per la manifestazione di domenica da cui far partire un ruggito a Bersani, cioè una piazza piccola rispetto alla piazza dei ruggiti: Piazza San Giovanni.

Oggi, salvo fare nuove elezioni, la soluzione ideale del Cavaliere sarebbe proprio governare col Pd, perché darebbe gli stessi effetti che avrebbe ottenuto con un Renzi o con un Monti premier: una pensione d’oro, con una ragionevole garanzia politica sulle questioni personali. Ma l’unico scoglio per la realizzazione del disegno si sta rivelando Bersani, che per certi aspetti sta confermando il dna dell’Italia e per certi altri sta confermando la provenienza comunista.

 

Solo aver pensato d’aprire a Monti pur di cancellare Berlusconi conferma il solco tracciato dalla nostra Costituzione, sia pure all’inverso, cioè in una logica di sinistra-centro:

– l’eterno ripetersi degli stessi governi,

– la naturale riluttanza a fuoriuscire da quell’equilibrio,

– la convergenza al centro della sinistra,

– il sovraffollamento del centro del baricentro.

Ma poiché il Pd è l’incontro tra gente diversa, cioè tra cattolici e comunisti accomunati dal botton down, alla lunga il corteggiamento di Grillo sta evidenziando questa frattura, confermando l’estrazione di sinistra del segretario. E sarà questa la firma della sua condanna. I centristi del partito lo contrasteranno dall’interno, ignorando le indicazioni delle primarie perché assetati di governare, e preparandosi col benestare di Berlusconi alla Terza Repubblica, che la ricandidatura controvoglia del Cavaliere ha soltanto rimandato. Da partito del botton down, il Pd è destinato a diventare la nuova P-DC, senza cambiare l’aria di riferimento, che resterebbe il partito dei ricchi. Berlusconi ne uscirebbe vincitore, perché nessuno lo avrebbe sconfitto sul campo, decretando la vittoria dei pochi che avevano capito che gli italiani non avrebbero mai votato a sinistra: pur sembrando i più cretini, questi pochi erano Veltroni ieri e Matteo Renzi oggi. In questo modo, i suoi figli e le sue aziende saranno garantiti dall’appartenenza organica alla Terza Repubblica e lui si potrà finalmente godere una pensione abbondantemente meritata.

 

Solo Grillo potrebbe pensare di combattere il nuovo blocco politico alle porte, offrendosi a Bersani. Questo alla lunga provocherebbe una (naturale) spaccatura del Pd, con l’ennesima scissione a sinistra della storia d’Italia, che non è affatto da escludersi che avverrà comunque. Ma il comico genovese è animato da risentimenti personali che gli offuscano la mente, dal rancore e dalla sete di vendetta.

Ce l’ha con la televisione, colpevole d’averlo cacciato a calci perché diceva la verità. E infatti i suoi cavalli di battaglia sono due: gli sprechi, tratto caratteristico del governo socialista che lo espulse, e un’avversione eccessiva per i media tradizionali, cioè gli stessi che non mossero un dito quando lo cacciarono: questioni personali, insomma. La sua ambizione sarebbe davvero scassare tutto e arrivare a Palazzo Chigi, e non è escluso che continuando a non trattare con nessuno possa raggiungere dei risultati che ci sembrano ancora fuori dal normale.

Ma al governo, un movimento di pura protesta senza la minima preparazione al comando crollerebbe nei consensi in men che non si dica: oggi i grillini sono il partito di internet, il partito di chi teme telecamere e reazioni dei capi, il partito dello zaino sul vestito di rappresentanza ed il partito dei permalosi. Per questo Beppe Grillo dovrebbe aspirare ad essere la Lega della sinistra, ossia un movimento monotematico, che protesta e che impara a governare, fidelizzando il suo elettorato con un solo, certo risultato: la riduzione degli sprechi, omologo del federalismo fiscale dei leghisti. E tutto torna, perché il Carroccio nacque proprio dal risentimento popolare successivo ai governi socialisti. Il che significa rimanere sé stessi senza montarsi la testa, dato che un movimento si distingue da un partito proprio perché monotematico.

L’appoggio a Bersani gli potrebbe far perdere gli elettori di destra che l’hanno votato, ma farebbe vivere una vita lunga a una forza che non si sa quanto durerà. Se andrà per forza al governo, quando non gli riuscirà la rivoluzione promessa che in Italia non è riuscita mai a nessuno, rischierà di scomparire. Se metterà da parte i risentimenti personali e non si farà accecare dal pienone, il cinque stelle si potrebbe strutturare nella politica italiana e noi otterremmo risultati soddisfacenti. Alla lunga, questa strategia potrebbe risultare benefica: per esempio, potrebbe sollevare la vera questione politica attuale, quella europea, che a Grillo converrebbe fare sua. Oppure potrebbe consentire di contrastare il Governo dna, cioè il governo del compromesso, che mortificando l’alternanza, riduce la capacità di decidere, cioè affievolisce la democrazia. Come questa Europa.

Giuseppe Pastore

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22 Comments

    • bè, l'idea di unire tante nazioni diverse sotto un unico organo statale è sempre stata destinata a crollare. lo insegna la storia.

  • l'italia è stata per due secoli campo di battaglia dell'inghilterra, della francia e della spagna… poi tra le rovine rimaste, hanno preso potere dei Principi che d'un tratto si sono ritrovati tutti sotto una stessa bandiera, potete immaginare il popolo,non sapeva neanche cosa fosse uno Stato.

  • non poteva essere spiegata e analizzata meglio la nostra palude. il bel paese è ingovernabile per delle lacune storiche ormai troppo insabbiate, tra l'altro. Pastore sempre perfetto nel destreggiarsi tra le falserighe della politica

  • questi politici sanno ben sfruttare la nostra generazione post-ideologica. L'emergenza di decisionismo proviene proprio dal fatto che il popolo non ha un credo comune, perciò il voto è manipolabile ogni volta da un nuovo sparuacchio. La corruzione è congenita negli italiani, sono d'accodo, credo anch'io che dovrebbe uscir fuori davvero per la gravità piena che rappresenta. per il resto…l'ingovernabilità è oggettiva, oltreché obiettiva, come ben dimostrato da Giuseppe Pastore in questo bell'articolo. L'unico modo per controllarla è un leader potente, da mussolini a berlusconi a…

  • ..a grillo? non lo so.Pastore lo ricalca forse per quello che è davvero.Anche se non capisco il passaggio dalla pericolosità del solito compromesso italiano al fatto che invece il M5S dovrebbe essere monotematicamente intransigente su alcuni pochi argomenti,credo sia una contraddizione.

  • trasformismo, compromesso, berlusconismo fino alla terza repubblica del partito dei ricchi, fra un po' comincerò a parlare con il vocabolario secondo pastore.
    spettacolare articolo! complimenti ancora!

  • già. e poi l'antitesi/sintesi tra comunisti e cattolici, la convergenza dell'immancabile sinistra al centro. la terza repubblica o sarà tecnocratica o democristiana! allucinante!!!
    bellissimo articolo. da far girare!

  • condivido sul SIAMO INGOVERNABILI.
    lo siamo da sempre.
    non perchè italiani ma per il fatto che la democrazia è inadatta. non funziona.
    l'autore afferma che nel bilanciamento tra rappresentatività e capacità di decidere devo necessariamente optare per la seconda. ossia posso solo partorire il solito topolino essendo io una….collinetta o poco meno.
    forse dovremmo ripensare un pò meglio al ruolo del potere in mano agli amministratori che è servizio e non disporre delle risorse a piacimento ed a consumo piuttosto che alle tempeste nel bicchiere di chi potrebbe SERVIRE meglio di chi altro.
    non abbiamo bisogno di distinzioni in questo caso essendo la barca una sola ed ormai affndata quasi del tutto. simile situazione versano TUTTI gli "stati" dell'unione ed oserei dire del pianeta a dimostrazione e conferma del problema del potere come mezzo frainteso su tutti i livelli di conoscenza di questo strano modo per lasciarci per forza di cose guidare necessariamente da qualcun altro che non … noi stessi.

  • lezioni di storia dal pastore. perfetta analisi. concordo con tutto. io forse troverei più "cause" nel dù cojoni internettaro ma in superficie, che è ciò a cui noi abbiamo a che fare, le cose stanno così. siamo ingovernabile anche perché la corruzione ha creato uno strato sociale prevaricante, in un paese lasciato a se stesso, che potrebbe vivere da solo anche con il suo solo patrimonio artistico.
    grazie uki.

  • Ringrazio tutti e rispondo a Tankio. Voglio dire questo. Se Grillo appoggia Bersani, evita il compromesso che intendo io, cioè quello al centro, cioè il governo dna. Detto altrimenti, evita tutti quei primarepubblichismi che ci allontanano dalla politica perché ci danno la percezione di non contare niente: governi di palazzo, accordi innaturali, coalizioni paralizzanti, etc. Una volta fatto, che allora sia intransigente nel condurre in porto le sue questioni: io credo che pochi ma ottimi risultati li può portare a casa rivelandosi utile e benefico, come a destra è stata utile e benefica la Lega per i settentrionali. Ma se invece vuole tutto lui, cioè vuole andare al governo da solo, o fa la rivoluzione, che non è riuscita a nessuno, o sparisce, rivelandosi inutile. Manuel, ti ringrazio molto, ma non sono affatto in grado di dare lezioni di storia.

  • è il compresso rispetto al tuo discorso sul monotemismo intransigente che non mi è chiaro… ma ora va meglio…
    😉

  • ed ecco infatti che l'ombra dell'Europa ha vinto ancora. Ora Napolitano per risolvere l'ingovernabilità ha din nuovo reintrodotto i "saggi" e dato ancora carta bianca ai tecnocrati di Monti… si sta mettendo sempre peggio!

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