Le nuove vie dell’immortalità

Crearsi un avatar oggi è una questione nientemeno che artistica, che importa morire?

Abbiamo già parlato di un sogno scientifico-futuristico come l’Avatar, anche se il progetto del miliardario russo è stato ambiguamente finanziato anche dall’esercito americano (vedi qui). In questo caso si tratta di un progetto scientifico molto importante, in cui surrogati umanoidi possono continuare la “nostra” vita anche dopo la nostra morte. Non solo, un altro scienziato è riuscito a mappare perfino i movimenti dei neuroni, e lo ha fatto in modo da esporre i risultati quasi fossero delle opere d’arte.

 

Siamo polvere; e, chi prima chi dopo, destino comune è quello d’esser spazzati via.

Tutti… indistintamente! ‘A chi tocca non s’ingrugna’, si dice a Roma.

Ma non siamo solo polvere, però. La mente è plasmata da ben altra materia, impalpabile, sfuggente, che forse serba in sé le potenzialità per resistere alle corrosioni del tempo.

Your body can’t live forever, but your mind still can, as an avatar” è il motto con cui Jason Leigh, scienziato al soldo della University of Illinois, presenta, in combutta con altri colleghi, il suo quasi fantascientifico progetto: “LifeLike“.

Come facilmente si deduce dallo slogan di cui sopra, argomento primo della ricerca di questo gruppo di folli futuristi, è l’avatar, nella sua accezione originaria di rappresentazione, incarnazione, di un altro essere.

In questo caso si tratterebbe dello scienziato Alex Schwarzkopf, assunto come modello (o cavia) per la creazione dell’avatar, che oggi viene affettuosamente chiamato dagli scienziati “Avatar Alex”.

Dalle foto della cavia (voglio chiamarla così) sono state riprodotte le fattezze virtuali di “Avatar Alex”, al quale è stata aggiunta una gamma di innumerevoli espressioni facciali, ognuna associata a determinate situazioni; il computer le adotta a seconda della discussione che si sta intrattenendo.

Gli stessi modi di muoversi della cavia, ogni atteggiamento fisico, è stato catturato e associato al computer attraverso dei sensori ottici, in modo da far sì che l’avatar si muova riproducendo fedelmente le movenze del suo modello umano.

Naturalmente, lo scolpo ultimo del progetto (e per chiunque voglia approfondire, può farlo qui www.projectlife.org) è quello di creare avatar così perfetti da poter sostituire in toto i propri modelli umani, e, in un certo senso, garantire a questi una permanenza eterna, seppur surrogata a un’entità artificiale, sulla Terra o chissà dove.

 

Naturalmente, ad oggi, la via verso la creazione di avatar degni di sostituire completamente l’uomo è ancora lunghissima da percorrere… ma la direzione intrapresa è inesorabilmente quella giusta. Merito anche e soprattutto del programma di studi di un altro scienziato statunitense, Jeff Lichtman, professore di neurobiologia ad Harward: programma basato sulla tecnica “Brainbow” (voce fusione di “brain” cervello e “rainbow” arcobaleno).

Attraverso un’associazione tra neuroni e colori, la tecnica è in grado di osservare e distinguere i movimenti particolari di ogni singolo neurone ad una data stimolazione. Insomma, ogni neurone è contrassegnato da un colore, e a seguito di una specifica azione reagisce secondo i funzionamenti neurologici, immortalati subito dalla traccia colorata determinata dal movimento.

I risultati sono sorprendenti anche da un punto di vista artistico -a Milano le “fotografie cerebrali” sono state anche esposte in una mostra dal titolo “Il colore del pensiero“, coi neuroni che muovendosi secondo le loro logiche particolari vanno a disegnare composizioni degne di Kandinsky o Pollock.

Da un punto di vista scientifico, invece, la tecnica permetterebbe di mappare il funzionamento e i meccanismi del cervello, anche di fronte a sensazioni ed emozioni per definizione poco mappabili, come l’amore o la paura.

Una volta acquisita l’enorme mole di dati, e tracciata alla perfezione la mappa dei movimenti dei neuroni ad ogni data stimolazione, non basterebbe che caricare il tutto in un computer e il gioco è fatto: avremo degli avatar in tutto tali e quali all’uomo, con emozioni annesse!

In un film del 2010 con Bruce Willis, “Il mondo dei replicanti“, onde evitare i rischi di una vita attiva, ogni uomo si faceva sostituire da un surrogato perfetto, che viveva al posto suo. Gli aspetti premonitori della storia non sono da sottovalutare: seguendo il filo delle ricerche possiamo aspettarci un futuro in cui ognuno, nel chiuso e nella sicurezza di casa sua, comodamente seduto in poltrona, può lasciar scorrere il tempo senza troppi patemi.

Che importa morire, se un avatar programmato secondo i meccanismi biologici del proprio cervello, può vivere in eterno?

Dario Marcucci

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