Cose impossibili.
Queste sono le storie che hanno raccontato Le Luci della Centrale della Centrale questo Sabato al ViteCulture Festival di Roma.
In una San Lorenzo, più urbana del solito Vasco Brondi, e la sua band, hanno cercato di raccontare quelle storie di mondi, vite, pianeti e cose che non dovrebbero, che non vorrebbero stare vicine, e che li hanno reso tanto famosi e riconoscibili.
Mai luogo cosi angosciante e fatiscente è stato più affascinante. Nonostante la totale rivalorizzazione dell’area – ci troviamo all’interno dell’Ex Dogana – vedere un palco sotto i cavalcavia della Tangenziale è qualcosa di suggestivo. Braccia di strade che si incrociano e abbracciano, o forse si reggono un po’ su contro le leggi di gravità e contro la noncuranza dell’Assessorato alle infrastrutture che aspetta solo che crolli un pezzo per rifare tutto.
O più probabilmente per rifare solo quel tratto.
E sarà stata l’atmosfera del luogo, o forse sarà stata la bellezza di vedere le parole realmente uscire dalla bocca di una persona ed entrare nel tuo orecchio, ma il concerto è stato veramente magico. Certe canzoni arrivano ed emozionano; molto più che in una riproduzione dal laptop o in cuffia. Pezzi come “La Terra, l’Emilia, La Luna” e “I Sonic Youth” – ma giusto per citarne due e a puro gusto personale – dal vivo, di sera, con una certa eco data dallo spazio e dalle persone, hanno completamente un altro respiro.
Aggiungerei anche una bellissima versione di “Un bar sulla via lattea” a questa lista.
Da un punto di vista tecnico, Vasco con poche parole, riesce ad evocare tante immagini. Ma non solo, in un verso riesce soprattutto concentrare e a rievocare nella mente delle persone, tante emozioni, momenti ed esperienze. Maieutico come nessun altro negli ultimi 10 anni, invidiato ed ammirato per questa capacità di accostare termini di due sfere sensoriali diverse, in un connubio a volte bizzarro a volte dal grandissimo potere immaginifico.
Un permesso che è derivato dalle nostre vite desemantizzate.
Un artificiere – tanto per citare una delle mille figure delle sue canzoni – per noi non è nulla. Non abbiamo vissuto la guerra, non abbiamo fatto gli anni di piombo. Non siamo stati in mezzo ad altri conflitti. Il 90% di noi non ha neanche fatto il militare. La cosa più vicino a una bomba è forse il cartoccio di polveri lanciato verso le piste di atletica dello stadio Olimpico, dello stadio comunale della nostra città. Non abbiamo idea cosa possa fare un artificiere, chi possa essere; potrebbe benissimo semplicemente spaccare e aprire i lucchetti a Ponte Milvio.
In questo gap di conoscenza Vasco Brondi è riuscito a scavare solchi autoriali – non solo cantautoriali – dal grande fascino e potenza.
Un fenomeno del tutto italiano, peraltro – e mi fa piacere dire questa cosa: Vasco non è simile a nessuno. Non copia altri, neanche un po’.
Ma nessun eroe è senza punto debole, nonostante i superpoteri.
Le Luci della Centrale Elettrica cantano: “È un superpotere essere vulnerabili”, ma sono loro i primi a cercare di non esserlo.
Indossano una corazza monomelodica. Forzata da uno stile super identificabile, iper coerente, da una voce chiara, pulita e sporca ma sempre cantilenante, mai diversa. Sempre impeccabile. Anche questa fusione con la musica folk, con la world music. Questi suoni balcanici, arabeggianti sono solo un escamotage che solo superficialmente può illudere l’ascoltatore di un qualche cambiamento o di una qualche evoluzione.
Vasco dai ‘suoi‘ anni zero a questi suoi anni dieci è cambiato poco. Troppo poco. Cosi come sono state poche le sue collaborazioni, soprattutto con altri cantanti che avrebbero potuto dare una bella alternanza ai suoi ritmi troppo prevedibili e cadenzati. Penso in particolare a una voce femminile, alla Cristina Donà per capirci.
Inoltre è triste non sentire più alcuni dei pezzi più belli della musica italiana degli ultimi dieci anni – cosa che avviene da tempo. Vasco ripensaci a tornare a suonare “La lotta armata al bar” e un altro a scelta – personale – dal primo disco come – personale – “La Gigantesca scritta Coop”.
Il ripudio di un esordio brillante fa male ed è soprattutto incoerente. La musica, come già detto, non è troppo diversa, quindi la trovo una decisione puramente commerciale. «Vorrei far notare che questa canzone l’ho scritta dieci anni fa e alcuni di voi avevano 10 anni» hai detto al concerto, con un po’ di sofferta ironia. Il terrore di essere anacronistico e di non catturare i ’95 e i 2000 deve essere angosciante.
Perché obiettivamente noi 30enni nel frattempo siamo cresciuti, abbiamo trovato lavoro e forse pure messo su famiglia, per cui Le Luci della Centrale Elettrica non lo ascoltiamo più. Almeno non a pranzo e cena come facevamo ai tempi dell’Università, dell’Erasmus prima e del precariato poi. Come quando gestivamo – o cercavamo di gestire – le nostre storie a distanza, con pochi soldi in tasca e tanti sogni – che iniziavano ad essere calpestati da un paese disinteressato.
Spero, caro Vasco, che tu non te la prenda per queste poche ultime righe, per queste analisi da finto critico – da uno che non è Lester Bangs o Carlo Emilio Gadda – come fece una volta il cantante de I Cani, Niccolò Contessa, perché mi ero permesso di criticarlo mentre tutti non facevano altro che dire “perfetto”, “stupendo” e leccare il culo. Aggiungiamo pure – ma solo per parcondicio – che Calcutta è inascoltabile e che – a furor di populismo – i TheGiornalisti si sono venduti e hanno smesso di fare musica – ma quantomeno scopano.
Spero, invece, caro Vasco, che tu non faccia nulla degli errori dei tre sopra, che sono palesemente tuoi tre figli – o forse solo ammiratori – e che continuerai a far emozionare con le tue sinestesie tutte le generazioni che vorrai.
Articolo & foto: Gabriele Edoardo Mastroianni
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Mi accodo all’appello del Mastroianni …
Vasco non ci deludere
una preghiera d integrita’
bellissimo report. bravo Gabriele ….
l’unico e solo Vasco Brondi ci emoziona sempre,
condivido le sensazioni di G. Mastroianni…. siamo TUTTI vulnerabili
concerto commovente, voce emozionante, suoni pulitissimi …. è stato bellissimo !!!
capisco Mastroianni ma il rischio e’ che le luci ci piacciono cosi’ … ah,ah,ah
bel report ! mi sono perso qualcosa …. :(((
un grande davvero. dal vivo sa regalare forti emozioni,con canzoni splendide. forse col passar degli anni non si è mosso molto trovandosi ad un passo dal commettere certi errori,se così possiamo chiamarli……
grazie a G E Mastroianni per questa brillante testimonianza