“Politicamente Corretto”: La dittatura dell’ipocrisia

Ognuno pretende, ma dimentica il dovere... per esempio quello di non rompere i coglioni a chi non si vuole sottomettere alla dittatura dell'ipocrisia

Era il 1982 e il mitico conte Mascetti del film “Amici miei” di Monicelli, si sentì sicuramente un privilegiato quando, colto da un’emiparesi, seppe di potersi definire un paraplegico, anzi, meglio ancora e come si direbbe oggi, un diversamente abile. E sì, perché alle belle anime dalle delicate orecchie, suonerebbe come una terribile ferita, sentir dire paraplegico o, peggio ancora, paralitico!  E così abbiamo risolto ogni problema, facciamo finta che tutto vada bene e ci si sente tutti più buoni belli e bravi.

È la dittatura dell’ipocrisia, una delle tante becere idiozie che governano e regolano la nostra vita.  “Uh, ma che bel bambino… pucci pucci…”, e magari quel bambino è un mostriciattolo odioso. Ma per carità, che cavolo dite? Tutti i bimbi sono belli!  E no, perché se è vero che ogni scarrafone è bello a mamma sua, è altrettanto vero che ci sono pargoletti francamente brutti e anche antipatici, ragazzini maleducati e urlanti che frignano per la strada e rompono le scatole. Ma sarebbe politicamente scorretto non rivolgere un complimento alla mamma per il suo capolavoro, meglio essere ipocriti, meglio dire una sonora fregnaccia!

 

Vogliamo parlare di un argomento di più stringente attualità? Parliamo degli esodati, quel mostro creato da una tecnica che poco tecnicamente non sa nemmeno far di conto; sono 10, no, forse sono 50… ah, sì, forse mi sono sbagliata, scusate tanto, credo che siano un po’ di più. E chissenefrega se quelli non sono numeri su un pallottoliere, ma persone, famiglie che dall’oggi al domani si ritrovano senza stipendio e senza pensione: licenziati, altro che esodati! Un termine peloso e falso perché la cruda realtà suoni meno odiosa. Ma sapete che si potrebbe proseguire all’infinito?

Pensate che l’operatore ecologico abbia uno stipendio superiore allo spazzino, o che abbia a che fare con rose profumate invece di essere costretto a maneggiare merda ogni sacrosanto giorno?  Non ho niente contro gli spazzini-operatori ecologici, sono molto più encomiabili loro di ogni singolo bofficione col culo saldamente incollato alle comode poltrone, gentilmente offerte dal popolo, del Parlamento. E sicuramente, in mezzo all’immondizia, c’è meno puzza di merda. Ma ecco: sono stata costretta quasi a scusarmi, a giustificarmi, per usare un termine italiano e corretto come spazzino.

Voglio rivendicare il mio diritto a chiamare le cose col loro nome, sono poco politicamente corretta? Me ne frego!  Soprattutto se la politica è quello spettacolo osceno che va in onda ogni giorno dalle aule istituzionali.

Un ragazzotto un po’ burino, con la faccia butterata, che in mutande corre appresso a un pallone (e lo fa anche bene), è stato messo in croce per aver osato dire “froci” anziché omosessuali o gay. Apriti cielo! Si è scatenata tutta l’intellighenzia socio-filosofica-cultural-chic dei salotti buoni e meno buoni! E sì che lo sapevano, i giornalisti furbetti, che quella domanda, posta al personaggio in questione, non avrebbe potuto sortire un trattato di politicaly correct! Il signor Cecchi Paone, che prima ha affermato di sapere per certo che nella nazionale di calcio ci fossero degli omosessuali, si è scagliato contro Cassano perché ha detto: «Sono froci? Problemi loro». Siamo quasi all’assurdo che se uno vuole farsi gli affaracci propri non sbandierando in faccia alla gente di essere frocio o omosessuale o lesbica, secondo persone come il Cecchi Paone è perché sarebbe censurato, vilipeso, denigrato e finanche cacciato dal posto di lavoro o dalla nazionale di calcio.  Ma quando mai? Ma se in alcuni ambienti sei guardato storto se sei eterosessuale, e non mi venissero a raccontare che i froci-omosessuali sono presi a botte, perché potrei rispondere che sono decisamente di più le donne che ogni giorno vengono massacrate e uccise. La mia sessualità non la sbatto in faccia alla gente, me la vivo nell’intimità, non vado in giro a scopare col mio uomo in mezzo alla strada, né mi lascio andare ad effusioni che siano più di un casto bacio: è una questione di buon gusto, non di libertà. Tuttavia, in questo mondo falso, ipocrita e sporco, si è ormai dimenticato il concetto secondo il quale la mia libertà deve finire là dove inizia la tua. Ognuno si sente in diritto di pretendere, dimenticando che esiste anche il dovere… per esempio il dovere di non rompere i coglioni al prossimo che non vuole sottomettersi alla dittatura dell’ipocrisia.

Stefania Giacarelli

 

 

Amici miei II

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